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TRADIZIONALISTI ANGLICANI VERSO COMUNIONE CON ROMA

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2009 07:14
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22/10/2009 15:37

Il cardinale Newman e i preti sposati. Due commenti d’autore

Sull’annunciato ingresso di comunità anglicane nella Chiesa cattolica ci sono arrivati due commenti notevoli: l’uno dai devoti del canonizzando cardinale Newman, e l’altro da un eminente studioso di liturgia, il professor Cesare Alzati.

1. Da Londra Br. Lewis Berry, dell’Oratorio di san Filippo Neri, ci segnala che già nel 1876 John Henry Newman, convertito al cattolicesimo, aveva studiato un piano per creare una sorta di Chiesa anglicana “uniate”, simile a quelle di rito orientale unite a Roma. Il piano aveva l’appoggio del cardinale Manning, all’epoca arcivescovo di Westminster.
Presto il piano fu accantonato.
Ma Newman si disse convinto che in futuro sarebbe divenuto prezioso. E il “tempo giusto” lo vedeva coincidere con una crescente sfida del secolarismo, che avrebbe messo in crisi soprattutto la Comunione anglicana e quindi avrebbe incoraggiato la parte più fervente di essa a trovare rifugio nella Chiesa cattolica, molto più solida nel custodire integra la fede e nel resistere alla sfida.
In effetti, è proprio ciò che sta accadendo in questi anni. Con la Comunione anglicana devastata dalle derive laico-radicali e con un numero crescente di sue comunità che bussano alla porta della Chiesa cattolica.

Il testo è nel sito che sostiene la causa di canonizzazione del cardinale Newman: “
Benedict XVI and Anglican Converts: Newman’s Perspective“.

(traduzione automatica
qui)

2. Il secondo commento ci è affidato dal professor Cesare Alzati, ordinario di storia del cristianesimo, per venticinque anni docente di storia della liturgia all’università di Pisa e autore di un recente volume capolavoro su “Il Lezionario della Chiesa ambrosiana”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana.
Nella sua nota, il professor Alzati affronta tra l’altro una questione che è stata riaffacciata in questi giorni: quella del reintegro nel ministero – sulla scia dei pastori anglicani con moglie e figli che diverrebbero sacerdoti della Chiesa cattolica – anche dei preti cattolici ridotti allo stato laicale per essersi sposati.
Alzati esclude decisamente la cosa. E spiega perché. Ecco qui di seguito il suo commento completo.

*

Il papa Benedetto XVI, con ennesimo coraggioso gesto, si appresta ad accogliere nella comunione della Chiesa di Roma ecclesiastici e fedeli anglicani desiderosi di confermare la propria adesione alla Chiesa una e santa, professando con essa – secondo l’insegnamento dei padri oxoniensi – “quod semper, quod ubique, quod ab omnibus”, senza peraltro abbandonare il retaggio di pietà e di santità a loro trasmesso dalla Chiesa d’Inghilterra nella sua secolare tradizione, radicata in un patrimonio ben anteriore allo scisma.
Ritengo che da tale atto solenne, destinato ad assumere un fondamentale rilievo nella storia delle Chiese cristiane, venga anzitutto uno straordinario contributo alla salvaguardia della stessa tradizione della Chiesa d’Inghilterra, nei suoi aspetti più vitali e luminosi, che nei secoli scorsi si sono irradiati nel mondo intero, fino a generare la Comunione anglicana, e che nel Novecento in modo tanto decisivo hanno contribuito alla crescita della tensione ecumenica tra le diverse componenti del mondo cristiano.
Credo altresì che la decisione rappresenti, nell’immediato, non meno che in una prospettiva di lunga durata, anche un prezioso contributo alla vita intellettuale britannica, costituendo un segno di rispetto e di rinnovata attenzione ai fondamenti spirituali, che hanno alimentato la vicenda storica dell’Inghilterra e che ne hanno corroborato lo sviluppo culturale e civile.
Merita al riguardo segnalare un altro particolare aspetto, non marginale, relativo al problema dell’ordinazione dei ministri anglicani dopo il loro ingresso nella comunione cattolica.
Sono convinto che sulla questione delle ordinazioni anglicane, prima dell’introduzione del ministero femminile, si sarebbe potuta sviluppare un’ulteriore riflessione da parte cattolica, stanti gli ulteriori dati storici acquisiti al riguardo.
Ora il problema mi pare superato dai fatti e la prevista ordinazione dei ministri accolti nella comunione cattolica assume anche il significato di certificare la radice apostolica del loro ministero, sulla quale molti sono stati indotti a dubitare dalla nuova situazione determinatasi nella loro Chiesa d’origine e nella Comunione anglicana.
La prevista ordinazione non è peraltro priva di riflessi anche per l’ambito cattolico.
Quando nella prima parte degli anni Novanta i ministri, che allora lasciarono la Chiesa d’Inghilterra, furono inserti nella Chiesa romano-cattolica del Regno Unito, non mancarono all’interno di questa preti e comunità che chiesero la reintegrazione di quanti, tra gli ecclesiastici cattolici, avevano lasciato il ministero per contrarre matrimonio.
Al riguardo va osservato che – a parte il can. 10 di Ancyra che ha avuto eco soltanto in area siro-orientale – l’insieme di tutte le Chiese di tradizione apostolica ha sempre ritenuto, almeno in via di principio, che non possa darsi matrimonio dopo l’ordinazione, pena l’abbandono del ministero (cfr. can. 1 di Neocesarea).
La preventivata ordinazione dei ministri di provenienza anglicana viene a sanare, in modo generalizzato e con ogni evidenza, pure qualsiasi possibile difetto canonico al riguardo.
Il loro caso, pertanto, non potrà in alcun modo considerarsi un precedente cui riferirsi per scardinare l’ordine disciplinare all’interno del corpo ecclesiale cattolico-romano e renderà, anche sotto tale aspetto, il ministero dei nuovi ordinati pienamente conforme ai canoni antichi della Chiesa indivisa e pertanto canonicamente ineccepibile pure agli occhi dell’Oriente cristiano, sia ortodosso che unito.
Peraltro, stanti le considerazioni sopra esposte in merito alle ordinazioni anglicane, mi parrebbe auspicabile che – con modalità simile a quella seguita dalla Comunione anglicana in riferimento ai ministri di culto di dubbia successione apostolica operanti nel quadro della Chiesa costituitasi nell’India del Nord e nel Pakistan – non si procedesse all’ordinazione con la consueta formula del Pontificale Romano, ma si elaborasse una formula specifica di ordinazione, finalizzata all’esercizio, da parte di questi ecclesiastici, del ministero presbiterale nella Chiesa Cattolica.

(Di Cesare Alzati, 22 ottobre 2009).

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22/10/2009 17:29

Secondo il Times sarebbero già 400mila gli Anglicani pronti a diventare Cattolici

Clicca qui per leggere l'articolo del Times.
Qui una traduzione automatica.
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22/10/2009 21:22

Il Papa apre agli Anglicani. I mille dubbi del card. Kasper

Clicca qui per leggere l'articolo del Riformista
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22/10/2009 22:45

Domande e risposte

a cura di Andrea Galli

Quando nasce la Chiesa d’Inghilterra?

Nel 1536, quando con l’Atto di Supremazia il re Enrico VIII rispose alla scomunica comminatagli da Clemente VII per aver divorziato da Caterina d’Aragona e aver sposato Anna Bolena.

Qual è il credo degli anglicani?

I «Trentanove articoli» del Book of common prayer sono considerati la fondamentale confessione di fede delle chiese anglicane-episcopali. Pubblicati per la prima volta nel 1563 sotto Elisabetta I e approvati da un sinodo londinese

Com’è strutturata la Comunione anglicana?

Con l’espansione dell’impero britannico, la Chiesa d’Inghilterra ha visto nascere nei secoli chiese sorelle in tutto il mondo. Oggi la Comunione anglicana conta circa 77 milioni di fedeli, è suddivisa in 34 province, 6 diocesi extra-provinciali e 4 Chiese che aderiscono alla Comunione anglicana.

Chi è a capo della Comunione anglicana?

L’arcivescovo di Canterbury, oggi Rowan Williams, primus inter pares tra i primati delle varie province. La primazia d’onore riservata alla cattedra di Canterbury è uno degli elementi costitutivi della identità anglicana. Il re o la regina d’Inghilterra sono i capi solo della Chiesa d’Inghilterra in senso stretto (quindi né della Chiesa del Galles né della Chiesa episcopale di Scozia) e solo con funzioni di capo amministrativo.

Cosa comporta la Costituzione apostolica presentata ieri dal cardinale Levada?

Comporta che quei singoli o gruppi anglicani che desiderano abbracciare la fede cattolica saranno inquadrati canonicamente sotto la forma di ordinariati personali, costituiti in accordo con le singole conferenze episcopali locali, secondo un modello simile a quello degli ordinariati militari nazionali.
I sacerdoti sposati anglicani potranno essere ordinati sacerdoti cattolici. I vescovi sposati potranno divenire solamente sacerdoti. I seminaristi anglicani già sposati potranno portare a termine il loro percorso di formazione, accedendo all’ordine sacro come sacerdoti cattolici, anche se ogni caso verrà valutato singolarmente.

A chi si rivolge questa decisione?

Ai molti fedeli anglicani, ha spiegato il cardinale Levada che «hanno dichiarato di condividere la comune fede cattolica, come espressa nel Catechismo della Chiesa cattolica e di accettare il ministero petrino come elemento voluto da Cristo per la Chiesa».

© Copyright Avvenire, 21 ottobre 2009
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23/10/2009 11:41

Vaticano e anglicani apertura interessata

Benny Lai

È la prima volta che accade, almeno a memoria d'uomo.
È la prima volta che un documento di notevole importanza, come la costituzione apostolica relativa all'ingresso degli ecclesiastici anglicani nella Chiesa di Roma, viene pubblicamente ufficializzato prima della sua completa messa a punto. Un gesto che non può essere spiegato con la battuta data ai giornalisti nel corso della conferenza stampa del portavoce vaticano, il gesuita padre Lombardi: «Siamo stati più svelti di voi».
Tanto più che, a illustrare l'imminente provvedimento riguardante il passaggio al cattolicesimo di preti e vescovi anglicani, anche sposati, è stato il prefetto del Sant'Offizio, il cardinale americano William Joseph Levada. Altro che il "carabiniere" della Chiesa, come chiamavamo un tempo il terribile Alfredo Ottaviani. Ma neppure il suo successore, poi divenuto papa, Ratzinger appunto, ha mai indetto una conferenza stampa per presentare una "nota informativa" circa le intenzioni della Chiesa pure se imminenti.
Da qui la prima supposizione, e cioè che l'annuncio della mano offerta agli anglicani tradizionalisti (un gruppo dei quali ha chiesto da diversi mesi di far parte della Chiesa cattolica) sia un'abile mossa in vista dei colloqui con i lefebvriani che avranno inizio il prossimo lunedì. In sostanza un'intelligente precauzione al fine di evitare le rimostranze che si ebbero quando Benedetto XVI restituì validità alla messa in latino e successivamente aprì le porte del perdono ai quattro vescovi creati da Lefebvre, ignorando che uno di loro negava la Shoah.
Una seconda supposizione, viceversa, è connessa alla possibilità che l'annuncio vada ben oltre gli anglicani tradizionalisti (per tradizionalisti si intendono coloro che non amano il sacerdozio femminile o omosessuale), come ha lasciato capire uno di loro il quale, dopo aver commentato con gioia «l'atto di grande bontà del Santo Padre», non ha escluso che possano esservi anche altri ecclesiastici pronti a passare tra le file cattoliche.
Del resto, la nota del Sant'Offizio che anticipa il documento giuridico della Santa Sede è logicamente pieno di lacune, nel senso che dopo aver dato notizia dell'istituzione di una particolare struttura - un Ordinariato governato da un Ordinario eletto dal clero già anglicano - e del fatto che i sacerdoti sposati potranno esercitare come già si usa fare nel clero orientale, mentre i vescovi - se sposati - dovranno rinunciare alla dignità episcopale, non aggiunge altro. Non è stato detto, ad esempio, in quale numero sono questi ex anglicani, come saranno organizzati, cosa avverrà dei seminaristi sposati. Particolari forse lasciati in sospeso per ascoltare - e questa è un'altra supposizione - il parere degli anglicani tradizionalisti.
Comunque è un dato di fatto che l'inaspettata anticipazione della mano tesa agli anglicani (tale da far dichiarare «sorpreso» persino il primate della Chiesa d'Inghilterra, l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams) testimonia da un lato l'irreversibilità dell'impegno ecumenico del concilio Vaticano II e dall'altro la validità dell'apparato vaticano che era apparso un minimo appannato.

© Copyright Il Secolo XIX, 23 ottobre 2009
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23/10/2009 19:25

Vaticano/ Gesuita Reese: Preti sposati passeranno ad anglicani?

Un uomo sposato può convertirsi e poi tornare a Chiesa cattolica?


Il gesuita americano Thomas J. Reese gioca sul filo del paradosso per scandagliare i possibili scenari dischiusi dalla decisione del Papa di accogliere gli anglicani tradizionalisti nella Chiesa cattolica, e tra di essi i ministri sposati. "Nonostante tutti i tentativi del Vaticano di minimizzare la questione dell'accoglienza di preti anglicani sposati - scrive Reese su un blog del 'Washington Post' - molte persone domanderanno perché no anche preti sposati per gli altri cattolici".
Il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, cardinal William Joseph Levada, "ha detto che non solo verranno ordinati i preti anglicani sposati, ma anche i seminaristi che entreranno nella Chiesa cattolica", prosegue il professore della Georgetown University.
"Il Vaticano ha chiarito che i preti cattolici sposati non verranno riaccolti nel sacerdozio, ma un uomo cattolico sposato può convertirsi all'anglicanesimo, entrare in un seminario anglicano e poi tornare alla Chiesa cattolica?". "Il Vaticano - prosegue Reese sul blog 'Georgetown/On faith' - ha detto anche che gli 'ordinariati' anglicani avranno i loro seminaristi che possono avere case di formazione ma studieranno con altri seminaristi cattolici. Suppongo che si intendano anche seminaristi sposati, altrimenti il Vaticano negherebbe a questi ex anglicani ciò che loro vedono come una parte essenziale della loro tradizione spirituale e liturgica. Seminaristi sposati e celibi nello stesso corso di studi sarà certamente un esperimento interessante. O rafforzerà la vocazione al celibato o la stroncherà". "Più importante ancora - afferma l'ex direttore della prestigiosa rivista 'America' - gli uomini cattolici sposati di una diocesi tradizionale possono entrare in un ordinariato anglicano e diventare seminaristi e preti? Se è così, abbiamo risolto il problema della carenza di preti e nel giro di una generazione ci saranno più preti negli ordinariati anglicani che nelle diocesi tradizionali. Il resto della gente seguirà e presto l'ordinariato anglicano avrà la maggioranza di cattolici".

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23/10/2009 19:38

UN SOLO GREGGE UN SOLO PASTORE

Riemenschneider Tilman - Altare dell'Ultima Cena - Rothenburg, Sankt Jakob (1499-1505)


Articolo pubblicato su Petrus - www.papaweb.it


di Francesco Colafemmina

La decisione del Santo Padre di accogliere nel seno della Chiesa Cattolica alcuni gruppi di anglicani dissidenti rispetto a talune scelte della comunione anglicana (sacerdozio femminile e omosessuale), può essere letta seguendo un duplice registro.

Il giorno seguente la comunicazione ai media di questo storico evento, i giornali si dividono fra una lettura "ecumenica" ed un'altra più "tradizionale" o addirittura "tradizionalista". Da un lato, si dice, il Papa ha voluto accogliere questi anglicani "senza patria", ormai orfani della loro Comunione ed in aperto contrasto con essa a causa delle sue terribili aperture mondane. E lo avrebbe fatto non solo dando ascolto alle richieste del suddetto gruppo di anglicani (vescovi, ministri e fedeli), ma anche facendo seguito ai dialoghi ecumenici con la Comunione Anglicana per un progressivo riavvicinamento.

Dall'altro lato, invece, questo atto benevolo e paterno di Sua Santità è interpretato come un mezzo per unire la Chiesa Cattolica attorno alla "tradizione", integrando così "selettivamente" gruppi quali la FSSPX o la TAC (Traditional Anglican Communion), soltanto mirando al loro rispetto per la tradizione.

A questo punto bisognerebbe guardare ad una terza via: il Papa riconduce alla comunione con Roma quei gruppi di cristiani che riconoscono il primato petrino e credono fermamente nei dogmi e nel magistero della Chiesa Cattolica. Cosa c'è di più semplice?

Nonostante la retorica ecumenicistica e le vacue panzane dialogiche, è infatti evidente che il Santo Padre persegue quanto già espresso chiaramente durante la sua meravigliosa Omelia del 24 Aprile 2005, quando iniziava il ministero petrino:

"Vorrei qui rilevare ancora una cosa: sia nell’immagine del pastore che in quella del pescatore emerge in modo molto esplicito la chiamata all’unità. “Ho ancora altre pecore, che non sono di questo ovile; anch’esse io devo condurre ed ascolteranno la mia voce e diverranno un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10, 16), dice Gesù al termine del discorso del buon pastore. E il racconto dei 153 grossi pesci termina con la gioiosa constatazione: “sebbene fossero così tanti, la rete non si strappò” (Gv 21, 11). Ahimè, amato Signore, essa ora si è strappata! vorremmo dire addolorati. Ma no – non dobbiamo essere tristi! Rallegriamoci per la tua promessa, che non delude, e facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità, che tu hai promesso. Facciamo memoria di essa nella preghiera al Signore, come mendicanti: sì, Signore, ricordati di quanto hai promesso. Fa’ che siamo un solo pastore ed un solo gregge! Non permettere che la tua rete si strappi ed aiutaci ad essere servitori dell’unità!".

L'unità è però evidentemente intesa in un senso che sfugge ai commentatori e spesso agli stessi fedeli. Rileggiamo quanto affermava il Card. Ratzinger nel lontano 1986:

"Subito dopo l'attenuarsi del primo slancio conciliare, era affiorato il contromodello dell'ecumenismo «di base», il quale mirava a far sorgere l'unità «dal basso» se non era possibile farla discendere dall' alto. In questa concezione è giusto che l' «autorità» nella Chiesa non può realizzare nulla che non sia prima maturato nella vita della Chiesa, quanto a intelligenza ed esperienza di fede. Dove, però, non si faceva riferimento a questa maturazione, ma si andava affermando una divisione della Chiesa in «chiesa di base» e in «chiesa ministeriale», non poteva certo emergere una nuova unità di qualche rilievo. Un ecumenismo di base di questo genere crea alla fine soltanto dei gruppuscoli, i quali dividono le comunità, e tra loro stessi non realizzano un'unità più profonda, nonostante una propaganda comune di ampiezza mondiale. Per un certo lasso di tempo parve che le tradizionali divisioni delle chiese sarebbero state superate mediante una divisione nuova e che si sarebbero in futuro trovati contrapposti, da una parte dei cristiani «impegnati» in senso progressista e, dall'altra, dei cristiani «tradizionalisti», che avrebbero ambedue fatto adepti nelle diverse chiese finora esistenti. In tale ottica nacque allora il proposito di omettere del tutto dall'ecumenismo le «autorità», perché un eventuale accostamento o perfino unione su questo piano non avrebbe che rafforzato l'ala tradizionalista della cristianità e si sarebbe impedita la formazione di un cristianesimo nuovo e progressista.
Simili idee oggi non sono ancora del tutto spente, ma sembra tuttavia che il tempo della fioritura sia ormai alle spalle. Un'esistenza cristiana, che si definisce quanto all'essenza secondo i criteri dell' «engagement», è troppo labile nei suoi confini per poter alla lunga creare unità e generare solidità in una vita cristiana comune. Le persone perseverano nella chiesa non perché vi trovano feste comunitarie e gruppi di azione, bensì perché sperano di trovarvi le risposte a domande vitali indispensabili.Tali risposte non sono state escogitate dai parroci o da altre autorità, ma vengono da un'autorità più grande e sono fedelmente mediate e amministrate, semmai, dai parroci. Gli uomini soffrono anche oggi, forse ancora più di prima; non basta ad essi la risposta che viene dalla testa del parroco o da qualche «gruppo attivistico». La religione penetra oggi come sempre in profondità nella vita degli uomini per attingervi un punto di assoluto e, a tanto, serve solo una risposta che viene dall' assoluto. Là dove i parroci o i vescovi non appaiono più come i mediatori di quanto è assoluto anche per essi, ma hanno solamente da offrire le loro proprie azioni, è allora che diventano una «chiesa ministeriale» e, come tali, superflui."

E aggiungeva:

"Ma, stando così le cose, che cosa dobbiamo fare? In vista di una risposta mi è assai di aiuto la formula che Oscar Cullmann ha coniato per tutta la discussione: unità attraverso pluralità, attraverso diversità. Certamente la spaccatura è dal male, specie quando porta all'inimicizia e all'impoverimento della testimonianza cristiana. Ma se a questa spaccatura viene a poco a poco sottratto il veleno dell'ostilità e se, nell'accoglimento reciproco della diversità, non c'è più riduzionismo, bensì ricchezza nuova di ascolto e di comprensione, allora la spaccatura può diventare nel trapasso una felix culpa, anche prima che sia del tutto guarita. "

Questa "diversità nell'unità" affermata dal Cardinal Ratzinger non è tuttavia una sorta di "relativismo" interno all'unità ecclesiale, perchè si rapporta al contrario con l'unica Verità che è Cristo. Il Santo Padre allo stesso modo intende dimostrarci che il reintegro della comunità lefebvriana, come quello della comunione anglicana tradizionale sono evidenti gesti che tendono ad armonizzare ed arricchire la Chiesa alla luce della Verità di Cristo. Riunire le membra del Corpo Mistico, significa glorificare Cristo e procedere in armonia verso di Lui.
D'altra parte questa idea di ecumenismo cattolico, inteso quale ritorno alla Verità, quale accoglienza positiva e gioiosa (ricordate le parole dell'Omelia succitata!) delle pecorelle smarrite, non può non accadere grazie al Vicario di Cristo ed alla sua amorevole azione riconciliatrice, al suo ministero di unione paterna del popolo di Dio.

Svaniscono dunque decenni di tronfia ed insulsa retorica ecumenicistica, fatta di parole, abbracci, concelebrazioni, fondati sulle buone intenzioni ma raramente su saldi ed autentici principi. Svaniscono semplicemente perchè costantemente vissuti quali tentativi di minimizzazione e negazione delle differenze e delle divisioni che tuttora sussistono, come se snaturando la propria identità fosse più semplice il dialogo e la ricerca di unità.
No. L'unita è appunto frutto di una ricerca, di un percorso comunitario di necessario e volontario ritorno all'unità. E quell'unità non può che consistere nella stessa Chiesa Cattolica e Pietro. Non è la Chiesa Cattolica ad aver negato l'unità di Anglicani, Lefebvriani e Protestanti. La Chiesa Cattolica è stato il seno da cui sono emerse realtà scismatiche o più semplicemente nel caso della Fraternità San Pio X, realtà fedeli a Pietro che hanno però leso l'unità ponendo in essere l'atto scismatico dell'ordinazione episcopale senza mandato pontificio.

Come dichiarava nel 2006 l'Arcivescovo John Hepworth della Traditional Anglican Communion, a proposito dell'ordinazione di donne sacerdoti: "nello stesso momento le grandi dottrine della Creazione, Incarnazione e Redenzione sono negati. La vita sacramentale della Chiesa, attraversol la quale Gesù porta la grazia salvatrice della redenzione di ciascuno di noi, diventa oggetto di sospetto ed incertezza. Mettere una donna sacerdote in una diocesi è sempre una "rottura della comunione", perchè rende l'atto autentico della comunione impossibile". Se dunque sono queste le ragioni "essenziali" del ritorno al Cattolicesimo della comunione anglicana tradizionale, come si può continuare a parlare di un vago "ecumenismo" decontestualizzato ed imcomprensibile? Come si può affermare che i fedeli della TAC sarebbero semplicemente dei "fuori posto" nell'anglicanesimo e pertanto li si stipa oggi nelle fila dei cattolici, quasi come accadeva alle popolazioni balcaniche quando agli inizi del secolo scorso gruppi etnici venivano scambiati fra una nazione e l'altra di quella tormentata regione?

La realtà è invece un'altra. La Traditional Anglican Communion ha serenamente e coerentemente basato il suo avvicinamento a Pietro ed alla Chiesa Cattolica sui fondamenti della Dichiarazione di Saint Louis del 1977: fedeltà ai dogmi, fedeltà alla morale, fedeltà alla tradizione. Principi che già furono ribaditi quali cardini di un percorso ecumenico da Papa Paolo VI e dal Primate Anglicano Ramsey nel 1966: "Quam mutuam necessitudinem fovere ac provehere volentes, proponunt, ut inter Ecclesiam Catholicam Romanam et Communionem Anglicanam sedulo instituantur colloquia, quorum veluti fundamenta sint Evangelium et antiquae Traditiones utrisque communes, quaeque ad illam unitatem pro qua Christus oravit, in veritate perducant."

Diceva quindi la loro dichiarazione congiunta: "siano considerati quali fondamenti dei colloqui fra Chiesa Cattolica Romana e Comunione Anglicana il Vangelo e le antiche Tradizioni (con la T maiuscola) ad entrambe comuni, perchè conducano nella verità a quella unità per la quale Cristo pregava".

Oggi però si adempie non solo la preghiera del Signore, ma anche il paterno e benevolo auspicio del grande Papa Leone XII! Infatti fu egli nella Bolla Apostolicae Curae nell'anno 1896 ad affermare, dopo aver dichiarato invalide le ordinazioni compiute con il rito anglicano, quanto segue:

"Rimane questo: con lo stesso nome e con lo stesso animo del "grande pastore" con cui ci siamo adoperati per dimostrare la verità assoluta di una realtà così importante, vogliamo dare coraggio a coloro che con volontà sincera desiderano e ricercano i benefici degli ordini e della gerarchia. Forse fino ad ora, pur ricercando l'ardore della cristiana virtù, riflettendo più devotamente sulle divine Scritture, raddoppiando le pie preghiere, si sono tuttavia arrestati, incerti e inquieti, di fronte alla voce di Cristo che già da tempo esorta interiormente. Vedono già esattamente che Colui che è buono li invita e li vuole. Se ritornano al suo unico ovile conseguiranno veramente sia i benefici richiesti, sia i rimedi della salvezza che ne conseguono, e di cui egli stesso ha fatto ministra la chiesa, quasi custode perpetua e amministratrice della sua redenzione fra le genti. Allora veramente "attingeranno l'acqua con gioia dalle fonti del Salvatore", i suoi meravigliosi sacramenti; da questi le anime fedeli, rimessi veramente i peccati, sono restituite all'amicizia di Dio, sono nutrite e rafforzate con il pane celeste, e con gli aiuti più grandi pervengono al raggiungimento della vita eterna. Assetati realmente di tali beni, "il Dio della pace, il Dio di ogni consolazione", voglia benigno con questi ricolmarli e appagarli. Vogliamo poi che la Nostra esortazione e i Nostri desideri riguardino soprattutto coloro che sono considerati ministri della religione nelle loro comunità. Gli uomini che per l'ufficio stesso sono superiori in dottrina e autorità, e ai quali senza dubbio sta a cuore la gloria divina e la salvezza delle anime, vogliano mostrarsi particolarmente alacri e obbedire a Dio che chiama, e dare di sé un chiarissimo esempio.
Certamente la madre chiesa li accoglierà con gioia specialissima e li abbraccerà con ogni bontà e con ogni cura, perché una più generosa forza d'animo li ha ricondotti al suo seno attraverso ardue difficoltà. Per tale forza, è impossibile dire quale lode sia loro riservata nelle assemblee dei fratelli per l'orbe cattolico, quale speranza e fiducia davanti a Cristo giudice, quali premi da lui nel regno celeste! Noi poi, per quanto sarà possibile, con ogni mezzo, non cesseremo di favorire la loro riconciliazione con la chiesa; dalla quale e i singoli e gli ordini, cosa che desideriamo con forza, possono prendere molto per imitarla. Frattanto preghiamo tutti e supplichiamo per le viscere di misericordia del nostro Dio affinchè cerchino fedelmente di assecondare l'abbondante flusso della verità e della grazia divina."

Grazie dunque a Sua Santità Benedetto XVI per questo grande dono che ci ha elargito accogliendo nella Chiesa tanti nuovi fratelli e sorelle nel Signore che con gioia abbracciamo e cui va il nostro amorevole benvenuto!

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La strada per Roma degli anglicani

di Paolo Gulisano*


ROMA, venerdì, 23 ottobre 2009 (ZENIT.org).-
 
Un secolo fa lo scrittore inglese Hilaire Belloc pubblicava un volume dal titolo “The path to Rome”, la strada per Roma (Il volume sarà preso rieditato in Italia). Si trattava del resoconto del pellegrinaggio a piedi effettuato dallo stesso autore da Toul, in Francia, fino alla Città Santa. Tale viaggio era tuttavia anche una trasparente metafora del cammino verso il Centro della Chiesa, verso Roma, che tutta l’Europa è chiamata a fare se non vuole smarrire definitivamente la propria anima e la propria identità. Belloc era un cattolico inglese, figlio di una illustre convertita che apparteneva al movimento di rinascita cattolica in Inghilterra che aveva avuto i suoi protagonisti nel cardinale Manning e soprattutto nel cardinale John Henry Newman, prossimo Beato.

La via per Roma indicata cento anni fa da Belloc, che fu protagonista della cultura britannica e fautore della conversione al cattolicesimo di un personaggio come Gilbert Keith Chesterton, è quella che hanno deciso di percorrere ora anche altri anglicani, i fedeli della "Traditional Anglican Communion", che già da tempo avevano fatto richiesta al Vaticano di entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica.

Si trattava di una richiesta epocale: per lungo tempo, da Newman a Tony Blair, la conversione dall’Anglicanesimo al Cattolicesimo aveva rappresentato una scelta individuale, personale, spesso sofferta perché facente seguito al tentativo - sempre frustrato - di lavorare “all’interno” della Confessione Anglicana per portarla all’unità con Roma. Ora invece siamo di fronte al passaggio di intere comunità anglicane alla piena comunione con Roma.

Una richiesta maturata negli ultimi anni e che aveva quasi messo in difficoltà la stessa Chiesa cattolica in Inghilterra, tanto che ora la materia è stata oggetto di una trattativa congiunta tra il Primate cattolico e quello anglicano, sotto la supervisione della Congregazione per la Dottrina della Fede, retta – come noto – da un prelato di cultura anglo-sassone qual è l’americano cardinale William Levada e che produrrà una Costituzione Apostolica, un documento ad hoc per consentire il passaggio di queste comunità al cattolicesimo.

Siamo dunque di fronte ad una svolta storica, per cui da parte cattolica non si ha più il timore di essere accusati di “indebito proselitismo”, e da parte anglicana si accetta che una parte organizzata dei propri fedeli possa effettuare una scelta di questo tipo. E’ un ecumenismo “dal basso”, che rappresenta certo una grossa novità rispetto a quello che per lungo tempo è stato interpretato solo da organismi preposti, spesso orientati solo a cercare un “minimo comun denominatore” tra le due confessioni cristiane, con l’effetto di dimenticare che l’obiettivo di un vero dialogo ecumenico è il riconoscimento della Verità. Occorre anche evidenziare che questi fedeli anglicani, dipinti come tradizionalisti dalla grande stampa, ovvero una sorta di lefevriani anglicani, sono in realtà cristiani che guardano al Cattolicesimo come la Chiesa in cui intendono non solo entrare individualmente, ma far rientrare la propria storia e la propria tradizione, riconciliandola con quella di Roma. Infatti il documento congiunto dei due primati afferma: "La Costituzione apostolica è un ulteriore riconoscimento della sostanziale coincidenza nella fede, nella dottrina e nella spiritualità della Chiesa cattolica e della tradizione anglicana".

Il problema è che negli ultimi anni la Chiesa anglicana è andata incontro ad una tale deriva relativista da portarla lontano non solo dalla Chiesa Cattolica, ma dalla sua stessa tradizione, quella che ora questi fedeli vogliono ricondurre nella piena comunione coi cattolici. Non si tratta di “conservatorismo”, o di divisioni tra anglicani: il problema è che nella confessione instaurata cinque secoli fa dal sovrano Enrico VIII e confermata dalla figlia Elisabetta I è diventato dominante un pensiero non-cristiano. Potrebbe sembrare un giudizio molto severo, ma è un dato di fatto che alla base di scelte superficialmente definite solo “liberal”, come l’ordinazione sacerdotale delle donne, le nozze di persone omosessuali, le battaglie ecologiste e pacifiste, c’è una vera e propria rivoluzione antropologica. Una rivoluzione che prevede l’abbandono della concezione dell’uomo quale essere dotato di una natura specifica e indirizzato verso un fine. Questo distacco ha portato con sé tutta una serie di tentativi di giustificazione dei cambiamenti in campo morale.

Descrivendo tali cambiamenti, il filosofo cattolico scozzese Alastair MacIntyre ha denunciato nelle sue opere - in particolare After the virtue - innanzitutto il cambiamento della concezione dell’uomo, perché non c’è morale senza uomo né uomo senza morale. L’allontanamento dalla visione aristotelica ci ha condotti a rappresentazioni parziali dell’etica, a tentativi fallimentari di giudizio morale, a interpretazioni svariate dell’uomo e dell’umanità.

Tale allontanamento è avvenuto impetuosamente nell’anglicanesimo, dove vige un disordinato pluralismo, un miscuglio senza armonia di frammenti ideologici male assortiti che fa capo ad un soggettivismo assoluto. Tale soggettivismo, che si riscontra dominante nel linguaggio morale contemporaneo, trova una corrispondenza pratica nell’“emotivismo”, una dottrina secondo cui tutti i giudizi di valore, e più specificamente, tutti i giudizi morali, non sono altro che espressioni di una preferenza, espressioni di un atteggiamento o di un sentimento, e appunto in questo consiste il loro carattere di giudizi morali o di valore.Il fascino che la Chiesa Cattolica ha esercitato su quegli anglicani decisi a rifiutare questa deriva antropologica sta dunque nel fatto che essa rappresenta l’unica realtà in grado di riproporre ancora oggi al mondo quegli elementi capaci di ristabilire una concezione sana della morale che stavano alla base della concezione aristotelica: le virtù, i valori per l’uomo. A ciò si aggiunge, inoltre, la proposta che la Chiesa cattolica fa di ristabilire una concezione della ragione che non si identifichi semplicemente con quell’elemento capace di conoscere solo ciò che si può esaminare in maniera sperimentabile, ma con ciò che permette di giudicare il senso della vita dell’uomo, i suo fine e il modo per raggiungerlo.

A sua volta la Chiesa Cattolica in Inghilterra e in tutti i paesi di cultura anglo-sassone, dal Canada all’Australia agli Stati Uniti dove l’anglicanesimo si definisce “episcopalismo”, trarrà certamente arricchimento dalla nuova linfa portata da queste comunità dove l’appartenenza a Cristo è stata oggetto di una intensa e appassionata riflessione. Questi fedeli anglicani desiderosi dell'unione con la Chiesa cattolica troveranno l'opportunità di portare l’esperienza di quelle tradizioni anglicane che sono preziose per loro e conformi con la fede cattolica. In quanto esprimono in un modo distinto la fede professata comunemente, tali tradizioni sono un dono da condividere nella Chiesa universale. L'unione con la Chiesa non richiede l'uniformità che ignora le diversità culturali, come dimostra la storia del cristianesimo, e la Chiesa Cattolica ne trarrà sicuro giovamento.


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*Paolo Gulisano è uno scrittore e saggista, esperto del mondo britannico. Ha pubblicato diversi volumi su Tolkien, Lewis, Chesterton e Belloc.
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26/10/2009 11:05

Terremoto nella Chiesa d'Inghilterra: altri vescovi vogliono aderire all'offerta del Papa (Cantuale Antonianum)

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26/10/2009 16:17

Il discorso finale della convention degli Anglo-Cattolici

Il 24 ottobre scorso si è chiusa l'assemblea plenaria dell'Associazione internazionale anglo-cattolica Forward in Faith che vedeva riuniti oltre 500 delegati all'Emmanuel Centre di Londra. Evidentemente è stata segnata dall'annuncio a sorpresa dell'offerta del Papa di ordinariati personali per quei gruppi anglicani che volessero riunirsi corporativamente a Roma.
Sul
sito di Forward in Faith ci sono tutti i podcast degli interventi di questi giorni. Chi conosce l'inglese può ascoltarli con gran profitto, in modo da conoscere in prima persona i problemi e i dibattiti in corso tra gli anglo-cattolici.
Ho fatto una sintesi personale del discorso di chiusura del meeting, tenuto dal presidente di Forward in Faith, il vescovo John Broadhurst

Il discorso finale del presidente dell’associazione di anglo-cattolici Forward in Faith

Il vescovo John Broadhurst ha esordito così: «Da 50 anni ho amato tre persone nella mia vita: Gesù Cristo, mia moglie e la Chiesa d’Inghilterra. Ma la Chiesa d’Inghilterra mi ha dato certo più problemi di mia moglie e di Gesù Cristo».

Ha poi spiegato che la Chiesa d’Inghilterra ha avuto la presunzione di saperla più lunga della Tradizione e di Gesù Cristo stesso su molte questioni. L’ordinazione delle donne è stata il punto di svolta. Con ironia ha affermato che la posizione degli anglo-cattolici nella Chiesa Anglicana è quella «di una rana in una pentola d’acqua che sta a scaldarsi sul fuoco», e ha proseguito dicendo che, come per una rana nell’aqua di una pentola che sta sul fuoco, c’è bisogno a un certo punto di saltar fuori, prima di essere cucinati vivi. Con chiarezza, pur nella metafora, ha detto: «Bisogna uscire dalla pentola. E’ dal 1992 che vogliamo uscire dalla pentola».
La questione che c’era e che rimane è come essere Anglicani in comunione con Roma.
Nel 1994 – ha ricordato Broadhurst – era stata posta una domanda ecclesiale alla Santa Sede, negli inconti con il card. Ratzinger e ora papa Benedetto sta dando la risposta. La domanda era questa: «Come possiamo rimanere Anglicani nella nostra identità ma essere in comunione con la Chiesa cattolica?». Per lungo tempo non è arrivata risposta. Ma grazie anche alla TAC (la Traditional Anglican Communion) con la sua perseveranza, ora è giunta una risposta globale.
Nella Chiesa di Inghilterra, ha notato il presidente di Forward in Faith – gli anglo-cattolici rimarrebbero nella pentola che bolle, senza che i loro vescovi possano avere una particolare forma di giurisdizione parallela, indipendente dalle donne vescove. Infatti il recente Sinodo Generale ha respinto forme di protezione giuridica per chi non è disposto ad accettare il ministero femminile.
«Il gioco è finito» - ha esclamato Broadhurst - «Questa battaglia contro i liberali non è solo questione ecclesiale, ma è una lotta per la verità del vangelo che ci accomuna con le frange evangeliche della Chiesa».
Facendo poi un bilancio e guardando ai cambiamenti intercorsi nel tempo ha aggiunto: «Quarant’anni fa sarei stato un anglicano ortodosso ma non papale. Anzi anti-papale. Ma l’esperienza di questi anni mi ha convinto che non è possibile avere una chiesa universale senza primato... Quello che il Papa ora ci offre è completamente diverso da ciò che pensavamo. Ci fa cambiare completamente prospettiva: è generoso e rispetta la nostra identità.... Bisogna smettere di pensare e preoccuparsi. I dialoghi sono andati avanti per anni e anni, con visite continue alla Santa Sede da parte di Anglo-cattolici. Questa è un’occasione meravigliosa».
Nella sua conclusione ha poi detto tra applausi e risate: «Pensavo ormai stesse diventando abbastanza noioso essere presidente di Forward in Faith, ma improvvisamente è diventato di nuovo eccitante!»
Nel suo limpido discorso il vescovo Broadhurst ha comunque chiarito che non intende lasciare subito la Chiesa anglicana, vuole continuare a cercare una unione più ampia possibile con Roma, andando sì in carovana verso la Chiesa cattolica, ma al passo del cammello più lento.

Fonte: http://www.forwardinfaith.com/news/na09-10.html

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29/10/2009 08:52

Far sì che gli anglicani si sentano a casa nella Chiesa cattolica

Intervista a un esperto nel dialogo con la Comunione Anglicana Tradizionale

di Karna Swanson


HOUSTON, mercoledì, 28 ottobre 2009 (ZENIT.org).-

La settimana scorsa sorprendeva la notizia per cui Benedetto XVI permetterà ad alcuni gruppi di anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica di farlo attraverso Ordinariati personali, mantenendo allo stesso tempo elementi della tradizione spirituale e liturgica anglicana.

Gli Ordinariati sono la risposta del Vaticano agli anglicani che hanno espresso il desiderio di diventare cattolici. Si stima che tra 20 e 30 Vescovi anglicani abbiano presentato una richiesta di questo tipo.

Finora esisteva una Provvisione Pastorale, emanata da Giovanni Paolo II nel 1980, ma contemplava solo i casi individuali di sacerdoti episcopaliani (membri della Comunione Anglicana negli Stati Uniti e in Scozia) che volevano abbracciare il cattolicesimo.

Per capire come funzionano gli Ordinariati personali e l'importanza di questa iniziativa, ZENIT ha intervistato monsignor William Stetson, un sacerdote dell'Opus Dei e segretario del Delegato Ecclesiastico della Congregazione per la Dottrina della Fede per la Provvisione Pastorale degli ex sacerdoti episcopaliani.

Monsignor Stetson si occupa di un Ufficio di Provvisione Pastorale nella parrocchia di Nostra Signora di Walsingham, una congregazione di tradizione anglicana nell'Arcidiocesi di Galveston-Houston.

Che cos'è un Ordinariato personale? Esiste in qualche altro posto nella Chiesa?

Monsignor Stetson: Un Ordinariato è una struttura giurisdizionale composta da un prelato con giurisdizione ordinaria, il suo clero incardinato che lo assiste nell'opera pastorale e i fedeli laici che guida.

In molti Paesi esiste un Ordinariato militare, che ha la responsabilità della cura pastorale di quanti servono nell'Esercito e delle loro famiglie. Negli Stati Uniti si chiama Arcidiocesi per i Servizi Militari (Archdiocese for the Military Services). Che io sappia non esistono altri Ordinariati.

Qual è la differenza fondamentale tra la Provvisione Pastorale del 1980 e la nuova Costituzione Apostolica?

Monsignor Stetson: La Provvisione Pastorale non aveva un contenuto canonico e non contemplava l'esercizio del potere di governo. La nuova Costituzione Apostolica stabilirà norme canoniche al più alto livello per provvedere alla creazione di nuove strutture canoniche chiamate "Ordinariati" nelle singole Nazioni. In conformità con le norme generali, ogni Ordinariato avrà il potere di governo (giurisdizione) su un determinato tipo di persone e di questioni.

Che cosa succederà alle parrocchie cattoliche di tradizione anglicana che operano da anni?

Monsignor Stetson: Fino a questo momento le cosiddette parrocchie di tradizione anglicana negli Stati Uniti sono parrocchie personali della Diocesi in cui sono presenti, che mantengono elementi della tradizione anglicana, soprattutto la liturgia.

Non c'è una relazione canonica tra loro o con il Delegato Ecclesiastico della Provvisione Pastorale. Presumibilmente, se si istituirà un Ordinariato negli Stati Uniti, le parrocchie passeranno a essere giurisdizione del nuovo Ordinariato e rimarranno sotto la giurisdizione del prelato dell'Ordinariato.

Le parrocchie e comunità di culto future potrebbero essere istituite dall'ordinario dell'Ordinariato su richiesta di gruppi di fedeli anglicani con un sacerdote dopo aver consultato il Vescovo diocesano del luogo.

Qual è il motivo dell'istituzione di questi Ordinariati personali? Perché la Provvisione Pastorale non era sufficiente?

Monsignor Stetson: La Provvisione Pastorale è un mero processo amministrativo per preparare gli ex sacerdoti episcopaliani sposati a essere ordinati come sacerdoti cattolici su richiesta dei Vescovi diocesani. Il nuovo Ordinariato provvederà a una struttura canonica simile a una Diocesi per la cura pastorale dei fedeli laici che provengono dalla Chiesa episcopaliana.

Questa struttura canonica sembra rispondere direttamente a una richiesta presentata due anni fa dalla Comunione Anglicana Tradizionale, che ha circa 400.000 membri in tutto il mondo. Crede che molti di questi membri entreranno in comunione con la Chiesa cattolica attraverso l'Ordinariato personale?

Monsignor Stetson: La Comunione Anglicana Tradizionale è in realtà una confederazione di autodenominate Diocesi presenti in molti Paesi; è formata da sacerdoti, fedeli laici e Vescovi. La Comunione Anglicana Tradizionale come tale non ha mai fatto parte della Comunione Anglicana sotto l'autorità dell'Arcivescovo di Canterbury.

Ciò che accadrà alle Diocesi nei singoli Paesi dipenderà dalle decisioni prese dalla gerarchia cattolica nei rispettivi Paesi insieme alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il numero è più alto in Africa e in Asia.

Come sarà il processo per gli anglicani, soprattutto sacerdoti e Vescovi, che entreranno nella Chiesa attraverso l'Ordinariato?
Monsignor Stetson: La Costituzione Apostolica che permetterà la creazione di Ordinariati in ogni Paese non è ancora stata presentata. Per questo non conosciamo la natura del processo. Direi che sarà simile a quello usato negli ultimi 27 anni dalla Provvisione Pastorale qui negli Stati Uniti, e dalla sua omologa in Inghilterra (che però non si occupava di parrocchie e liturgia, come negli Stati Uniti).

L'annuncio vaticano contempla la possibilità che un Ordinariato cattolico abbia seminaristi, che si preparerebbero insieme ai seminaristi cattolici, anche se l'Ordinariato istituirebbe una casa di formazione volta alle necessità particolari di formazione nel patrimonio anglicano. Ciò includerebbe la possibilità di matrimonio per i seminaristi anglicani?

Monsignor Stetson: I punti specifici della questione non sono ancora stati resi noti. Presumo che i seminaristi dovrebbero allo stesso tempo essere sposati e studiare in un seminario anglicano nel momento in cui cercano di entrare in piena comunione, per poi continuare a studiare per il sacerdozio in un seminario cattolico. Dovrebbero ricevere la dispensa dalla norma del celibato, e la Santa Sede dovrebbe analizzare la situazione caso per caso. I futuri seminaristi dovrebbero essere celibi.

Quali altre tradizioni manterrebbero gli anglicani entrando nella Chiesa cattolica mediante l'Ordinariato personale?
Monsignor Stetson: Le parrocchie piccole, che permettono una maggiore coesione; una ricca tradizione di espressione liturgica (linguaggio, musica, paramenti, spazio, ecc.) in inglese, che risale al XVI secolo. Ciò includerebbe anche la grande tradizione dell'utilizzo della Sacra Scrittura nella predicazione, l'amore per i Padri della Chiesa e un'espressione teologica che va al di là della scolastica cattolica romana.

Perché il Vaticano può offrire questa concessione solo agli anglicani e non ai luterani, presbiteriani, ecc. che vorrebbero entrare nella Chiesa?

Monsignor Stetson: Nel loro atteggiamento verso la rottura dell'unità dei cristiani in Occidente dopo il XVI secolo, i cattolici hanno sempre considerato gli anglicani in modo speciale. La Chiesa d'Inghilterra ha cercato di mantenere molti elementi della Chiesa cattolica e allo stesso tempo di essere protestante. Ha mantenuto una maggiore unità al suo interno, e quindi si poteva trattare come un'entità unica nei colloqui con Roma.
Si è parlato del fatto che questa misura influirà negativamente sul dialogo cattolico-anglicano, cioè sulla Commissione Internazionale Anglicano-Cattolica (ARCIC). E' vero?

Monsignor Stetson: Apparentemente no, in base alle reazioni delle autorità cattoliche e anglicane in Inghilterra e in altri Paesi coinvolti nel dialogo ecumenico. Lo potrà dire solo il tempo.
Perché è una buona notizia per gli anglicani che cercano la piena comunione con la Chiesa cattolica?

Monsignor Stetson: Gli anglicani che entreranno nella piena comunione troveranno un ambiente spirituale familiare nella Chiesa cattolica attraverso le parrocchie personali che il prelato dell'Ordinariato sarà capace di istituire con i sacerdoti e il personale appositamente preparato, che proverranno anch'essi dalla tradizione anglicana.
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29/10/2009 09:20

Preti sposati, al Papa non piace l’accordo con la Chiesa anglicana

di Andrea Tornielli

RomaUna settimana dopo la presentazione sommaria dei suoi contenuti da parte del cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, la Costituzione apostolica di Papa Ratzinger che stabilisce le condizioni per il passaggio degli anglicani alla Chiesa cattolica non è ancora pronta. E non si tratta di problemi di traduzione ma di qualcosa di più serio. Sembra che sia ancora oggetto di dibattito proprio il punto più sensibile per l’opinione pubblica, cioè l’ordinazione di preti sposati.
La questione non era stata ben chiarita nei dettagli durante la conferenza stampa del 20 ottobre, quando Levada si era limitato a dire che la situazione dei seminaristi «sarà valutata caso per caso». La Santa Sede accoglie il clero attualmente ammogliato, ma non prevede per i futuri seminaristi la possibilità di sposarsi. Il documento era però su questo punto abbastanza generico e rimandava a successive istruzioni. In questi giorni il testo è stato rivisto dal Pontificio consiglio per i testi legislativi e tutto fa pensare che questo punto venga definito più chiaramente, specificando che i futuri seminaristi delle comunità anglo-cattoliche dovranno essere celibi come tutti i loro colleghi della Chiesa cattolica latina.
A far discutere Oltretevere è stata anche la decisione di presentare il documento quando questo ancora non c’era. L’annuncio anticipato è stato determinato dal fatto che il cardinale Levada aveva già preso appuntamenti a Londra per presentare la decisione papale ai vescovi cattolici e al primate anglicano. Sarebbe stato impossibile tenere nascosta la notizia dopo averla raccontata a un intero episcopato, peraltro mai consultato fino a quel momento. Lo stesso Benedetto XVI, preoccupato che non si ripetessero i fraintendimenti sorti dopo la revoca della scomunica ai lefebvriani, avrebbe però preferito che presentazione e divulgazione del testo fossero simultanee e non in differita com’è avvenuto.

© Copyright Il Giornale, 29 ottobre 2009 consultabile online anche
qui.
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01/11/2009 09:37

Nota di padre Lombardi sulla Costituzione Apostolica sugli anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa Cattolica

Il ritardo della pubblicazione della Costituzione Apostolica sugli anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa Cattolica è dovuta a ragioni tecniche e non a presunti sostanziali disaccordi sulla questione del celibato come ipotizzato da alcune fonti giornalistiche: è quanto ha affermato oggi in una nota il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Come ha detto il cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – ha sottolineato padre Lombardi – la redazione definitiva del testo sarà completata entro la prima settimana di novembre per assicurare la coerenza del linguaggio canonico.
Secondo le norme della Costituzione Apostolica, i nuovi Ordinariati personali per gli anglicani che desiderano entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica potranno ammettere al sacerdozio solo uomini celibi.
Per quanto riguarda gli ex ministri anglicani sposati, la loro ammissione al sacerdozio sarà decisa caso per caso, come già prevede la normativa canonica. Per quel che riguarda i futuri seminaristi – precisa il porporato - è stato considerato in maniera puramente ipotetica se ci potranno essere alcuni casi in cui una dispensa dalla regola del celibato potrà essere chiesta. Per questo motivo - conclude il cardinale - i criteri oggettivi per ognuno di questi possibili casi (ad esempio, seminaristi sposati che si stanno già formando) dovranno essere sviluppati congiuntamente dall'Ordinariato personale e dalla Conferenza episcopale, e presentati per l’approvazione alla Santa Sede.

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04/11/2009 06:44

“Il Vescovo di Roma ha ascoltato le nostre preoccupazioni”

Importante risposta anglicana all'invito della Santa Sede


LONDRA, martedì, 3 novembre 2009 (ZENIT.org).-

Un gruppo di Vescovi anglicani ha sottolineato la “generosità di Roma” nell'aprire loro una via per entrare in comunione con la Santa Sede, pur non negando alcune “perplessità” sulle dinamiche attraverso cui si realizzerà.

E' un'osservazione generale realizzata nel congresso di Forward in Faith svoltosi a Londra il 23 e il 24 ottobre.

Forward in Faith (Avanzare nella fede) è un'associazione di sacerdoti e fedeli anglicani che si oppongono all'ordinazione di donne e di omosessuali attivi nella Comunione Anglicana. Il gruppo afferma che ciò è contrario alla Scrittura e all'interpretazione di duemila anni, oltre a rappresentare un ostacolo all'unità cristiana.

L'associazione è stata fondata nel 1992 e ha circa mille membri appartenenti al clero.

Anche se la conferenza era fissata da tempo, il tema maggiormente dibattuto è stato quello della prossima Costituzione Apostolica annunciata dal Vaticano, che offrirà agli anglicani un modo per entrare nella Chiesa cattolica rispettando allo stesso tempo elementi della loro liturgia e tradizione.

Il presidente di Forward in Faith, il Vescovo John Broadhurst, ha pronunciato il discorso di chiusura e la benedizione.“Si tratta di una lotta per le verità del Vangelo”, ha riassunto.

Il presule ha sottolineato la costernazione dei membri della Comunione Anglicana quando la Chiesa ha deciso che era possibile ordinare le donne. Anche se i Vescovi della Chiesa d'Inghilterra erano sordi a queste preoccupazioni, ha detto, il Papa le ha ascoltate.

“Roma pensa di noi in modo diverso da come credevamo che pensasse negli ultimi 40 anni”, ha ammesso.

Per il Vescovo Broadhurst, il passo di accettare gli anglicani in gruppo è una “risposta ecclesiale” a un “problema ecclesiale” - in contrasto con le conversioni individuali degli anglicani al cattolicesimo, che sono state l'elemento abituale da quando la Comunione ha deciso di ordinare le donne.

“[La Costituzione Apostolica] è generosa”, ha detto il Vescovo. “Si rispetta la nostra integrità”.

Il presule anglicano ha anche segnalato che l'istituzione di Ordinariati personali è un “approccio mondiale del quale faremo parte”. I Vescovi coinvolti in Forward in Faith, ha aggiunto, si propongono di rispondere uniti alla Costituzione Apostolica.
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06/11/2009 06:08

Le novità della Costituzione Apostolica per l'accoglienza degli anglicani

Analisi di due professori della Pontificia Università della Santa Croce


di Giovanni Tridente


ROMA, mercoledì, 4 novembre 2009 (ZENIT.org).-

Da quando è stata annunciata la Costituzione Apostolica che regolerà il modo in cui gli anglicani potranno aderire alla Chiesa Cattolica, molti mezzi di comunicazione hanno sollevato diverse questioni di carattere ecumenico e canonico sulla futura normativa.

A tale proposito, abbiamo chiesto dei chiarimenti a due esperti in materia, entrambi professori presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma, don Philip Goyret, ordinario di Ecclesiologia ed Ecumenismo, e don Eduardo Baura, ordinario di Diritto canonico e Consultore della Congregazione per i Vescovi. 

Tenendo conto delle anticipazioni fatte dalla Santa Sede in merito all'imminente Costituzione Apostolica, in che modo gli ordinariati personali rientrano nell'ecumenismo promosso dal Concilio Vaticano II?

Philip Goyret: Stando ai dati finora in nostro possesso, la soluzione degli ordinariati personali mostra esattamente come la Chiesa di Roma sia veramente cattolica: non solo per denominazione, ma come qualità teologica, la stessa che confessiamo nel Credo. Ossia, come apertura intrinseca verso tutte le realtà umane oneste (lingue, tradizioni, spiritualità, sensibilità, ecc.), perché il Vangelo che la Chiesa deve diffondere è destinato nella sua interezza a tutti gli uomini immersi in tali realtà, senza eccezioni. Poiché nella cattolicità convergono l'unità e la diversità, essa diviene un aspetto basilare dell'ecumenismo. Se l'istituzione di questi ordinariati personali permette di inserire nella comunione cattolica la specificità anglicana, essa non solo non rappresenta un ostacolo per l'ecumenismo, ma ne diviene in realtà una sua conseguenza.

Non vi è dunque alcun passo indietro nell'odierno movimento ecumenico, come alcuni affermano? 

Philip Goyret: In effetti, in alcuni casi si è parlato di un ritorno all'“uniatismo”, inteso come atteggiamento aggressivo nei confronti di altre confessioni cristiane, che verrebbero “fagocitate” un pezzo alla volta dalla Chiesa cattolica, che a sua volta non si degnerebbe di concedere alle persone che vi “rientrano” di conservare nemmeno un minimo della loro tradizione precedente. Senza entrare ora nel merito della verità storica di un tale giudizio applicato alle unioni avutesi nei secoli precedenti, occorre dire che nel caso in questione le cose sono andate decisamente in una direzione differente. Da una parte, vi sono intere comunità anglicane che chiedono spontaneamente di essere ammesse nella piena comunione cattolica. Dall'altra, esse potranno conservare gli elementi specifici della loro tradizione liturgica e spirituale che considerano necessari e convenienti per vivere appieno la fede cristiana e cattolica. Siamo perciò agli antipodi di quello che si suole chiamare uniatismo. 

Fra gli elementi specifici che gli anglicani d'origine conserveranno all'interno dell'ordinariato personale si trovano i preti sposati. Ciò significa che la Chiesa latina cede nella sua disciplina sul celibato?

Philip Goyret: Si tenga presente che esisteva già la prassi, dovutamente approvata dalla Santa Sede, di permettere l'ordinazione presbiterale di quei singoli ministri anglicani sposati che, una volta ammessi nella piena comunione cattolica, desiderano esercitare il ministero sacerdotale. L'ordinazione sacramentale nella Chiesa cattolica è infatti necessaria, dato che non si ritengono validi gli ordini ricevuti nella comunione anglicana. Pertanto, la prassi che si annuncia per gli ordinariati personali non è nuova nella sostanza, ma solo rispetto al fatto di trovarsi all'interno di un ordinamento istituzionale globale. Si tratta, insomma, di un atteggiamento pastorale, attento a togliere eventuali intralci al cammino verso la piena comunione.Né prima, né dopo si può quindi parlare di “cedimento”, perché si è di fronte ad una prassi “di transitorietà” che regge esclusivamente per coloro che, essendo ministri anglicani sposati, “emigrano” alla Chiesa cattolica e desiderano l'ordinazione. Ai seminaristi già anglicani non sarà consentito di sposarsi, e, naturalmente, nemmeno ad un cattolico che prospetta di incorporarsi nell'ordinariato personale in vista di un sacerdozio da sposato. E' inoltre chiaro che in nessun caso esisteranno Vescovi cattolici sposati all'interno di questi ordinariati, e nemmeno presbiteri coniugati a capo di qualche ordinariato personale come prelati. Nella Chiesa cattolica di rito latino la disciplina celibataria del clero resta dunque pienamente in vigore.

Ma si potrebbe prospettare qualche cambiamento futuro a questo riguardo?

Philip Goyret: Quando la Chiesa cattolica afferma che la continenza «non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio» (PO 16/1), vuol dire che, in effetti, il valore e l'efficacia delle funzioni sacerdotali non dipendono dal fatto che il sacerdote sia o non sia sposato. Occorre però tener presente che lo status del celibato sacerdotale nella Chiesa cattolica non è solo di semplice convenienza pastorale. Sia in ambito orientale che latino, sia fra cattolici che fra ortodossi, l'episcopato -- che è il sacerdozio nel suo grado maggiore -- è riservato ai celibi. In tutti questi casi, inoltre, non è mai permesso ad un sacerdote di sposarsi (sarebbe un matrimonio invalido): casomai, se appartiene ad un rito che lo consente, egli si può sposare prima dell'ordinazione. Tutto ciò lascia intuire come il vincolo sacerdozio-celibato affonda le sue radici più in profondità che la sola inventiva umana. Non è pertanto prospettabile che si possa modificare l'attuale disciplina.

Che effetti positivi può avere per la Chiesa cattolica l'istituzione degli ordinariati personali?

Philip Goyret: Ve ne sarebbero almeno tre. Da una parte, l'istituzione di questi ordinariati mostra la convenienza di disporre di circoscrizioni personali, gerarchicamente strutturate, a favore di categorie specifiche di fedeli, non delimitati da un criterio esclusivamente territoriale. Potremmo dire che la Chiesa, in vista della missione che è chiamata a compiere nel mondo, “si fa in quattro” per poter arrivare a tutti. Con questi ordinariati abbiamo uno stimolo per pensare ad altri ambiti che possano essere “accuditi” con strutture di questo tipo o simili. Al tempo stesso è stimolante per tutti coloro che soffrono, o almeno “pazientano”, a causa delle “verità scomode” che la Chiesa non cessa di affermare. Si vede, infatti, come difendere saldamente la fede, senza tradimenti, non svuota la Chiesa, ma la riempie. In definitiva, quando la Chiesa resta fedele al Vangelo ricevuto, essa si rende credibile.

Con l'istituzione di questi ordinariati, infine, le tradizioni liturgiche e spirituali provenienti dall'anglicanesimo non sono “tollerate”, ma “accolte” e, anzi, benvenute. Ciò conferma la rilevanza che la Chiesa cattolica concede all'inculturazione come componente intrinseca all'evangelizzazione. Non esisteva fino ad ora nessuno strumento canonico che permettesse agli anglicani di aderire pienamente alla Chiesa Cattolica?

Eduardo Baura: Oltre all'accoglienza individuale nella Chiesa Cattolica mediante una semplice cerimonia in cui il fedele esprime la piena adesione alla fede cattolica, finora alcuni gruppi di anglicani sono entrati nella piena comunione con la Chiesa Cattolica conservando in qualche modo la loro identità e le loro tradizioni, come avvenuto ad esempio per la diocesi anglicana di Amritsar, in India. Negli Stati Uniti, tra l'altro, esisteva la cosiddetta “Pastoral Provision”, mediante la quale alcune parrocchie anglicane sono passate alla piena comunione diventando parrocchie personali della Chiesa Cattolica, aventi come parroco il precedente pastore anglicano.

E, allora, perché non continuare con la stessa prassi?

Eduardo Baura: Nella nota informativa della Congregazione per la Dottrina della Fede circa la nuova Costituzione Apostolica si afferma chiaramente che la norma progettata risponde a numerose richieste di gruppi di fedeli. Non basta quindi limitarsi a dei provvedimenti singolari di carattere eccezionale, ma occorre strutturare l'attenzione pastorale di questi fedeli, offrendo un quadro legale generale chiaro.

Dal punto di vista del diritto canonico, quali sono le novità di questo nuovo quadro normativo?

Eduardo Baura: Una risposta compiuta è possibile darla soltanto dopo che sarà promulgato il Documento. Comunque, stando alle dichiarazioni ufficiali espresse finora e alle prime reazioni, direi anzitutto che la Costituzione Apostolica serve ad agevolare l'unità di molti fedeli anglicani con la Chiesa Cattolica, garantendo loro un'organizzazione pastorale prestabilita e rispettosa della loro sensibilità. Penso che la novità più grande consista nella previsione di ordinariati. Sino a questo momento c'erano parrocchie personali sparse, oltre al caso della diocesi di Amritsar. Ora si potrà contare sulla presenza di un Ordinario con potestà per coordinare la pastorale con questi fedeli in un determinato ambito, presumibilmente quello di una Conferenza Episcopale. 

Che caratteristiche hanno questi nuovi ordinariati?

Eduardo Baura: Anche qui occorre attendere il testo per dare una risposta definitiva. Tuttavia, il fatto che siano stati comparati agli ordinariati militari permette di individuare alcune caratteristiche. Si tratta di un ente composto da fedeli che, per determinate circostanze, hanno bisogno di una cura pastorale specializzata, che viene affidata ad un Ordinario, aiutato dal suo presbiterio.

Sembra dunque che non ci sia alcuna differenza rispetto ad una diocesi…

Eduardo Baura: Infatti, ci sono importanti elementi in comune con le diocesi, invece la differenza più importante consiste, a mio avviso, nel fatto che la giurisdizione di questi Ordinari è necessariamente cumulativa con quella dei Vescovi diocesani, cioè si aggiunge a quella già esistente di questi ultimi. In pratica, i fedeli di questo tipo di ordinariati appartengono contemporaneamente alle diocesi locali. Spetta poi al singolo fedele la libertà di partecipare alla vita pastorale della diocesi o dell'ordinariato.

Molti giornali hanno comparato gli ordinariati per gli anglicani alle prelature personali, concretamente a quella dell'Opus Dei. Cosa c'è di corretto in questo paragone?

Eduardo Baura: Gli ordinariati per i fedeli di origine anglicana hanno la peculiarità di nascere sotto il patrocinio della Congregazione per la Dottrina della Fede, anziché provenire dalla Congregazione per i Vescovi (o dalla Congregazione di Propaganda Fide), come previsto per le prelature personali, oltre ad altre singolarità, come quelle derivate dall'uso di una liturgia particolare. Risulta facile paragonarli anche agli ordinariati esistenti in alcuni Paesi per l'attenzione pastorale di cattolici di altri riti, così come si possono realizzare delle comparazioni fra i diversi tipi di circoscrizioni territoriali (arcidiocesi, diocesi, prelature, etc.). Tuttavia, al di là delle differenze che portano la Santa Sede a raggruppare gli enti sotto diversi nomi, appare piuttosto logico evidenziare gli elementi comuni a tutte queste giurisdizioni personali. Ordinariati personali, militari, prelature personali costituiscono in ogni caso quei tipi di circoscrizioni personali espressamente volute dal Concilio Vaticano II, che si aggiungono alle Chiese locali (in quanto i loro fedeli appartengono anche alle diocesi), allo scopo di svolgere un'attività pastorale specializzata. Oltre che per il fenomeno pastorale dell'Opus Dei, finora erano state menzionate le prelature personali previste dal Codice di diritto canonico come soluzione ad alcune necessità pastorali derivanti dalla mobilità umana. Ora si sta osservando che questo tipo di circoscrizioni personali può essere anche di grande utilità in ambito ecumenico.

Non sono da temere delle difficoltà nei rapporti con le chiese locali?

Eduardo Baura: Queste giurisdizioni personali devono essere viste nell'ottica dell'ecclesiologia del Concilio Vaticano II. Da questo punto di vista, emerge chiaramente che tra i Pastori della Chiesa non esiste la concorrenza, ma la collaborazione e la comunione. Peraltro la previsione di questo tipo di circoscrizioni personali risponde al desiderio di offrire un aiuto alle chiese locali, mediante la creazione di enti capaci di svolgere un'attività pastorale speciale, che va oltre le normali possibilità di organizzazione delle diocesi, in favore dei loro fedeli. Un documento emanato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1992, chiamato significativamente Communionis notio, metteva in luce come fosse possibile che questi enti creati dalla Santa Sede per peculiari compiti pastorali si inserissero armonicamente nella comunione con le Chiese locali. Spetta poi alla Costituzione Apostolica e alle norme statutarie di ogni singolo ordinariato garantire le prerogative degli Ordinari locali e le modalità dei rapporti dell'Ordinario e dei sacerdoti dell'ordinariato con le autorità locali, oltre a dare norme su tanti altri aspetti: come si incorpora un fedele all'ordinariato, quali libri di registro si devono tenere e altri particolari di questo genere.

L'opinione pubblica si è interessata soprattutto alla novità di poter avere sacerdoti sposati. Questa possibilità non suppone l'introduzione di un criterio discriminante tra i sacerdoti cattolici, imponendo ad alcuni il celibato e ad altri no?

Eduardo Baura: Mi sembra chiaro che la novità intende far fronte ad una situazione transitoria, perché i criteri della Chiesa al riguardo non sono cambiati. Inoltre, la novità è relativa. Oltre all'esistenza di sacerdoti cattolici sposati di rito orientale, la Santa Sede aveva già concesso la necessaria dispensa affinché alcuni presbiteri anglicani sposati potessero ricevere l'ordinazione sacerdotale ed esercitare il ministero nella Chiesa Cattolica. La possibilità, prevista ora nella legge, di ordinare sacerdoti cattolici quelli che erano già pastori anglicani sposati, non è che un modo di facilitare l'incorporazione alla piena comunione di questi fedeli. D'altronde, il celibato sacerdotale non è visto da chi lo assume come un'imposizione, ma come un dono ricevuto da Dio e come un impegno assunto liberamente al momento di decidere di dedicarsi al servizio del ministero. 
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COSTITUZIONE APOSTOLICA ANGLICANORUM COETIBUS CIRCA L’ISTITUZIONE DI ORDINARIATI PERSONALI PER ANGLICANI CHE ENTRANO NELLA PIENA COMUNIONE CON LA CHIESA CATTOLICA, 09.11.2009

COSTITUZIONE APOSTOLICA ANGLICANORUM COETIBUS


In questi ultimi tempi lo Spirito Santo ha spinto gruppi anglicani a chiedere più volte e insistentemente di essere ricevuti, anche corporativamente, nella piena comunione cattolica e questa Sede Apostolica ha benevolmente accolto la loro richiesta. Il Successore di Pietro infatti, che dal Signore Gesù ha il mandato di garantire l’unità dell’episcopato e di presiedere e tutelare la comunione universale di tutte le Chiese,1 non può non predisporre i mezzi perché tale santo desiderio possa essere realizzato.

La Chiesa, popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo,2 è stata infatti istituita da Nostro Signore Gesù Cristo come "il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano."3 Ogni divisione fra i battezzati in Gesù Cristo è una ferita a ciò che la Chiesa è e a ciò per cui la Chiesa esiste; infatti "non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura".4 Proprio per questo, prima di spargere il suo sangue per la salvezza del mondo, il Signore Gesù ha pregato il Padre per l’unità dei suoi discepoli.5

È lo Spirito Santo, principio di unità, che costituisce la Chiesa come comunione.6 Egli è il principio dell’unità dei fedeli nell’insegnamento degli Apostoli, nella frazione del pane e nella preghiera.7 Tuttavia la Chiesa, per analogia al mistero del Verbo incarnato, non è solo una comunione invisibile, spirituale, ma anche visibile;8 infatti, "la società costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo, l'assemblea visibile e la comunità spirituale, la Chiesa terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino."9 La comunione dei battezzati nell’insegnamento degli Apostoli e nella frazione del pane eucaristico si manifesta visibilmente nei vincoli della professione dell’integrità della fede, della celebrazione di tutti i sacramenti istituiti da Cristo e del governo del Collegio dei Vescovi uniti con il proprio capo, il Romano Pontefice.10

L’unica Chiesa di Cristo infatti, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica, "sussiste nella Chiesa Cattolica governata dal successore di Pietro, e dai Vescovi in comunione con lui, ancorché al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità, che, quali doni propri della Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica."11

Alla luce di tali principi ecclesiologici, con questa Costituzione Apostolica si provvede ad una normativa generale che regoli l’istituzione e la vita di Ordinariati Personali per quei fedeli anglicani che desiderano entrare corporativamente in piena comunione con la Chiesa Cattolica. Tale normativa è integrata da Norme Complementari emanate dalla Sede Apostolica.

I. § 1. Gli Ordinariati Personali per Anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa Cattolica vengono eretti dalla Congregazione per la Dottrina della Fede all’interno dei confini territoriali di una determinata Conferenza Episcopale, dopo aver consultato la Conferenza stessa.

§ 2. Nel territorio di una Conferenza dei Vescovi, uno o più Ordinariati possono essere eretti, a seconda delle necessità.

§ 3. Ciascun Ordinariato ipso iure gode di personalità giuridica pubblica; è giuridicamente assimilato ad una diocesi.12

§ 4. L’Ordinariato è formato da fedeli laici, chierici e membri d’Istituti di Vita Consacrata o di Società di Vita Apostolica, originariamente appartenenti alla Comunione Anglicana e ora in piena comunione con la Chiesa Cattolica, oppure che ricevono i Sacramenti dell’Iniziazione nella giurisdizione dell’Ordinariato stesso.

§ 5. Il Catechismo della Chiesa Cattolica è l’espressione autentica della fede cattolica professata dai membri dell’Ordinariato.

II. L’Ordinariato Personale è retto dalle norme del diritto universale e dalla presente Costituzione Apostolica ed è soggetto alla Congregazione per la Dottrina della Fede e agli altri Dicasteri della Curia Romana secondo le loro competenze. Per esso valgono anche le suddette Norme Complementari ed altre eventuali Norme specifiche date per ciascun Ordinariato.

III. Senza escludere le celebrazioni liturgiche secondo il Rito Romano, l’Ordinariato ha la facoltà di celebrare l’Eucaristia e gli altri Sacramenti, la Liturgia delle Ore e le altre azioni liturgiche secondo i libri liturgici propri della tradizione anglicana approvati dalla Santa Sede, in modo da mantenere vive all’interno della Chiesa Cattolica le tradizioni spirituali, liturgiche e pastorali della Comunione Anglicana, quale dono prezioso per alimentare la fede dei suoi membri e ricchezza da condividere.

IV. Un Ordinariato Personale è affidato alla cura pastorale di un Ordinario nominato dal Romano Pontefice.

V. La potestà (potestas) dell’Ordinario è:

a. ordinaria: annessa per il diritto stesso all’ufficio conferitogli dal Romano Pontefice, per il foro interno e per il foro esterno;

b. vicaria: esercitata in nome del Romano Pontefice;

c. personale: esercitata su tutti coloro che appartengono all’Ordinariato.

Essa è esercitata in modo congiunto con quella del Vescovo diocesano locale nei casi previsti dalle Norme Complementari.

VI. § 1. Coloro che hanno esercitato il ministero di diaconi, presbiteri o vescovi anglicani, che rispondono ai requisiti stabiliti dal diritto canonico13 e non sono impediti da irregolarità o altri impedimenti,14 possono essere accettati dall’Ordinario come candidati ai Sacri Ordini nella Chiesa Cattolica. Per i ministri coniugati devono essere osservate le norme dell’Enciclica di Paolo VI Sacerdotalis coelibatus, n. 4215 e della Dichiarazione In June.16 I ministri non coniugati debbono sottostare alla norma del celibato clericale secondo il can. 277, §1.

§ 2. L’Ordinario, in piena osservanza della disciplina sul celibato clericale nella Chiesa Latina, pro regula ammetterà all’ordine del presbiterato solo uomini celibi. Potrà rivolgere petizione al Romano Pontefice, in deroga al can. 277, § 1, di ammettere caso per caso all’Ordine Sacro del presbiterato anche uomini coniugati, secondo i criteri oggettivi approvati dalla Santa Sede.

§ 3. L’incardinazione dei chierici sarà regolata secondo le norme del diritto canonico.

§ 4. I presbiteri incardinati in un Ordinariato, che costituiscono il suo presbiterio, debbono anche coltivare un vincolo di unità con il presbiterio della Diocesi nel cui territorio svolgono il loro ministero; essi dovranno favorire iniziative e attività pastorali e caritative congiunte, che potranno essere oggetto di convenzioni stipulate tra l’Ordinario e il Vescovo diocesano locale.

§ 5. I candidati agli Ordini Sacri in un Ordinariato saranno formati insieme agli altri seminaristi, specialmente negli ambiti dottrinale e pastorale. Per tener conto delle particolari necessità dei seminaristi dell’Ordinariato e della loro formazione nel patrimonio anglicano, l’Ordinario può stabilire programmi da svolgere nel seminario o anche erigere case di formazione, connesse con già esistenti facoltà di teologia cattoliche.

VII. L’Ordinario, con l’approvazione della Santa Sede, può erigere nuovi Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica e promuoverne i membri agli Ordini Sacri, secondo le norme del diritto canonico. Istituti di Vita Consacrata provenienti dall’Anglicanesimo e ora in piena comunione con la Chiesa Cattolica per mutuo consenso possono essere sottoposti alla giurisdizione dell’Ordinario.

VIII. § 1. L’Ordinario, a norma del diritto, dopo aver sentito il parere del Vescovo diocesano del luogo, può, con il consenso della Santa Sede, erigere parrocchie personali, per la cura pastorale dei fedeli appartenenti all’Ordinariato.

§ 2. I parroci dell’Ordinariato godono di tutti i diritti e sono tenuti a tutti gli obblighi previsti nel Codice di Diritto Canonico, che, nei casi stabiliti nelle Norme Complementari, sono esercitati in mutuo aiuto pastorale con i parroci della Diocesi nel cui territorio si trova la parrocchia personale dell’Ordinariato.

IX. Sia i fedeli laici che gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, che provengono dall’Anglicanesimo e desiderano far parte dell’Ordinariato Personale, devono manifestare questa volontà per iscritto.

X. § 1. L’Ordinario nel suo governo è assistito da un Consiglio di governo regolato da Statuti approvati dall’Ordinario e confermati dalla Santa Sede.17

§ 2. Il Consiglio di governo, presieduto dall’Ordinario, è composto di almeno sei sacerdoti ed esercita le funzioni stabilite nel Codice di Diritto Canonico per il Consiglio Presbiterale e il Collegio dei Consultori e quelle specificate nelle Norme Complementari.

§ 3. L’Ordinario deve costituire un Consiglio per gli affari economici a norma del Codice di Diritto Canonico e con i compiti da questo stabiliti.18

§ 4. Per favorire la consultazione dei fedeli nell’Ordinariato deve essere costituito un Consiglio Pastorale.19

XI. L’Ordinario ogni cinque anni si deve recare a Roma per la visita ad limina Apostolorum e tramite la Congregazione per la Dottrina della Fede, in rapporto anche con la Congregazione per i Vescovi e la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, deve presentare al Romano Pontefice una relazione sullo stato dell’Ordinariato.

XII. Per le cause giudiziali il tribunale competente è quello della Diocesi in cui una delle parti ha il domicilio, a meno che l’Ordinariato non abbia costituito un suo tribunale, nel qual caso il tribunale d’appello sarà quello designato dall’Ordinariato e approvato dalla Santa Sede.

XIII. Il Decreto che erigerà un Ordinariato determinerà il luogo della sede dell’Ordinariato stesso e, se lo si ritiene opportuno, anche quale sarà la sua chiesa principale.

Vogliamo che queste nostre disposizioni e norme siano valide ed efficaci ora e in futuro, nonostante, se fosse necessario, le Costituzioni e le Ordinanze apostoliche emanate dai nostri predecessori, e ogni altra prescrizione anche degna di particolare menzione o deroga.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 4 novembre 2009, Memoria di San Carlo Borromeo.

BENEDICTUS PP XVI

_________________

1 Cf. Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 23; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lett. Communionis notio, 12; 13.

2 Cf. Cost. dogm. Lumen gentium, 4; Decr. Unitatis redintegratio, 2.

3 Cost. dogm. Lumen gentium 1.

4 Decr. Unitatis redintegratio, 1.

5 Cf. Gv 17,20-21; Decr. Unitatis redintegratio, 2.

6 Cf. Cost. dogm. Lumen gentium, 13.

7 Cf. Ibidem; At 2,42.

8 Cf. Cost. dogm. Lumen gentium, 8; Lett. Communionis notio, 4.

9 Cost. dogm. Lumen gentium, 8.

10 Cf. CIC, can. 205; Cost. dogm. Lumen gentium, 13; 14; 21; 22; Decr. Unitatis redintegratio, 2; 3; 4; 15; 20; Decr. Christus Dominus, 4; Decr. Ad gentes, 22.

11 Cost. dogm. Lumen gentium, 8; Decr. Unitatis redintegratio, 1; 3; 4; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus, 16.

12 Cf. Giovanni Paolo II, Cost. Ap. Spirituali militum curae, 21 aprile 1986, I § 1.

13 Cf. CIC, cann. 1026-1032.

14 Cf. CIC, cann. 1040-1049.

15 Cf. AAS 59 (1967) 674.

16 Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione del 1° aprile 1981, in Enchiridion Vaticanum 7, 1213.

17 Cf. CIC, cann. 495-502.

18 Cf. CIC, cann. 492-494.

19 Cf. CIC, can. 511.

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NORME COMPLEMENTARI ALLA COSTITUZIONE APOSTOLICA ANGLICANORUM COETIBUS

Dipendenza dalla Santa Sede


Articolo 1

Ciascun Ordinariato dipende dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e mantiene stretti rapporti con gli altri Dicasteri Romani a seconda della loro competenza.

Rapporti con le Conferenze Episcopali e i Vescovi diocesani

Articolo 2

§ 1. L’Ordinario segue le direttive della Conferenza Episcopale nazionale in quanto compatibili con le norme contenute nella Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus.

§ 2. L’Ordinario è membro della rispettiva Conferenza Episcopale.

Articolo 3

L’Ordinario, nell’esercizio del suo ufficio, deve mantenere stretti legami di comunione con il Vescovo della Diocesi in cui l’Ordinariato è presente per coordinare la sua azione pastorale con il piano pastorale della Diocesi.

L’Ordinario

Articolo 4

§ 1. L’Ordinario può essere un vescovo o un presbitero nominato dal Romano Pontefice ad nutum Sanctae Sedis, in base ad una terna presentata dal Consiglio di governo. Per lui si applicano i cann. 383-388, 392-394 e 396-398 del Codice di Diritto Canonico.

§ 2. L’Ordinario ha la facoltà di incardinare nell’Ordinariato i ministri anglicani entrati nella piena comunione con la Chiesa Cattolica e i candidati appartenenti all’Ordinariato da lui promossi agli Ordini Sacri.

§ 3. Sentita la Conferenza Episcopale e ottenuto il consenso del Consiglio di governo e l’approvazione della Santa Sede, l’Ordinario, se ne vede la necessità, può erigere decanati territoriali, sotto la guida di un delegato dell’Ordinario e comprendenti i fedeli di più parrocchie personali.

I fedeli dell’Ordinariato

Articolo 5

§ 1. I fedeli laici provenienti dall’Anglicanesimo che desiderano appartenere all’Ordinariato, dopo aver fatto la Professione di fede e, tenuto conto del can. 845, aver ricevuto i Sacramenti dell’Iniziazione, debbono essere iscritti in un apposito registro dell’Ordinariato. Coloro che sono stati battezzati nel passato come cattolici fuori dall’Ordinariato non possono ordinariamente essere ammessi come membri, a meno che siano congiunti di una famiglia appartenente all’Ordinariato.

§ 2. I fedeli laici e i membri di Istituti di Vita Consacrata e di Società di Vita Apostolica, quando collaborano in attività pastorali o caritative, diocesane o parrocchiali, dipendono dal Vescovo diocesano o dal parroco del luogo, per cui in questo caso la potestà di questi ultimi è esercitata in modo congiunto con quella dell’Ordinario e del parroco dell’Ordinariato.

Il clero

Articolo 6

§ 1. L’Ordinario, per ammettere candidati agli Ordini Sacri deve ottenere il consenso del Consiglio di governo. In considerazione della tradizione ed esperienza ecclesiale anglicana, l’Ordinario può presentare al Santo Padre la richiesta di ammissione di uomini sposati all’ordinazione presbiterale nell’Ordinariato, dopo un processo di discernimento basato su criteri oggettivi e le necessità dell’Ordinariato. Tali criteri oggettivi sono determinati dall’Ordinario, dopo aver consultato la Conferenza Episcopale locale, e debbono essere approvati dalla Santa Sede.

§ 2. Coloro che erano stati ordinati nella Chiesa Cattolica e in seguito hanno aderito alla Comunione Anglicana, non possono essere ammessi all’esercizio del ministero sacro nell’Ordinariato. I chierici anglicani che si trovano in situazioni matrimoniali irregolari non possono essere ammessi agli Ordini Sacri nell’Ordinariato.

§ 3. I presbiteri incardinati nell’Ordinariato ricevono le necessarie facoltà dall’Ordinario.

Articolo 7

§ 1. L’Ordinario deve assicurare un’adeguata remunerazione ai chierici incardinati nell’Ordinariato e provvedere alla previdenza sociale per sovvenire alle loro necessità in caso di malattia, di invalidità o vecchiaia.

§ 2. L’Ordinario potrà convenire con la Conferenza Episcopale eventuali risorse o fondi disponibili per il sostentamento del clero dell’Ordinariato.

§ 3. In caso di necessità, i presbiteri, con il permesso dell’Ordinario, potranno esercitare una professione secolare, compatibile con l’esercizio del ministero sacerdotale (cf. CIC, can. 286).

Articolo 8

§ 1. I presbiteri, pur costituendo il presbiterio dell’Ordinariato, possono essere eletti membri del Consiglio Presbiterale della Diocesi nel cui territorio esercitano la cura pastorale dei fedeli dell’Ordinariato (cf. CIC, can. 498, § 2).

§ 2. I presbiteri e i diaconi incardinati nell’Ordinariato possono essere, secondo il modo determinato dal Vescovo diocesano, membri del Consiglio Pastorale della Diocesi nel cui territorio esercitano il loro ministero (cf. CIC, can. 512, § 1).

Articolo 9

§ 1. I chierici incardinati nell’Ordinariato devono essere disponibili a prestare aiuto alla Diocesi in cui hanno il domicilio o il quasi-domicilio, dovunque sia ritenuto opportuno per la cura pastorale dei fedeli. In questo caso dipendono dal Vescovo diocesano per quello che riguarda l’incarico pastorale o l’ufficio che ricevono.

§ 2. Dove e quando sia ritenuto opportuno, i chierici incardinati in una Diocesi o in un Istituto di Vita Consacrata o in una Società di Vita Apostolica, col consenso scritto rispettivamente del loro Vescovo diocesano o del loro Superiore, possono collaborare alla cura pastorale dell’Ordinariato. In questo caso dipendono dall’Ordinario per quello che riguarda l’incarico pastorale o l’ufficio che ricevono.

§ 3. Nei casi previsti nei paragrafi precedenti deve intervenire una convenzione scritta tra l’Ordinario e il Vescovo diocesano o il Superiore dell’Istituto di Vita Consacrata o il Moderatore della Società di Vita Apostolica, in cui siano chiaramente stabiliti i termini della collaborazione e tutto ciò che riguarda il sostentamento.

Articolo 10

§ 1. La formazione del clero dell’Ordinariato deve raggiungere due obiettivi: 1) una formazione congiunta con i seminaristi diocesani secondo le circostanze locali; 2) una formazione, in piena armonia con la tradizione cattolica, in quegli aspetti del patrimonio anglicano di particolare valore.

§ 2. I candidati al sacerdozio riceveranno la loro formazione teologica con gli altri seminaristi in un seminario o in una facoltà teologica, sulla base di un accordo intervenuto tra l’Ordinario e il Vescovo diocesano o i Vescovi interessati. I candidati possono ricevere una particolare formazione sacerdotale secondo un programma specifico nello stesso seminario o in una casa di formazione appositamente eretta, col consenso del Consiglio di governo, per la trasmissione del patrimonio anglicano.

§ 3. L’Ordinariato deve avere una sua Ratio institutionis sacerdotalis, approvata dalla Santa Sede; ogni casa di formazione dovrà redigere un proprio Regolamento, approvato dall’Ordinario (cf. CIC, can. 242, §1).

§ 4. L’Ordinario può accettare come seminaristi solo i fedeli che fanno parte di una parrocchia personale dell’Ordinariato o coloro che provengono dall’Anglicanesimo e hanno ristabilito la piena comunione con la Chiesa Cattolica.

§ 5. L’Ordinariato cura la formazione permanente dei suoi chierici, partecipando anche a quanto predispongono a questo scopo a livello locale la Conferenza Episcopale e il Vescovo diocesano.

I Vescovi già anglicani

Articolo 11

§ 1. Un Vescovo già anglicano e coniugato è eleggibile per essere nominato Ordinario. In tal caso è ordinato presbitero nella Chiesa cattolica ed esercita nell’Ordinariato il ministero pastorale e sacramentale con piena autorità giurisdizionale.

§ 2. Un Vescovo già anglicano che appartiene all’Ordinariato può essere chiamato ad assistere l’Ordinario nell’amministrazione dell’Ordinariato.

§ 3. Un Vescovo già anglicano che appartiene all’Ordinariato può essere invitato a partecipare agli incontri della Conferenza dei Vescovi del rispettivo territorio, nello stesso modo di un vescovo emerito.

§ 4. Un Vescovo già anglicano che appartiene all’Ordinariato e che non è stato ordinato vescovo nella Chiesa Cattolica, può chiedere alla Santa Sede il permesso di usare le insegne episcopali.

Il Consiglio di governo

Articolo 12

§ 1. Il Consiglio di governo, in accordo con gli Statuti approvati dall’Ordinario, ha i diritti e le competenze che secondo il Codice di Diritto Canonico sono propri del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Consultori.

§ 2. Oltre tali competenze, l’Ordinario ha bisogno del consenso del Consiglio di governo per:

a. ammettere un candidato agli Ordini Sacri;

b. erigere o sopprimere una parrocchia personale;

c. erigere o sopprimere una casa di formazione;

d. approvare un programma formativo.

§ 3. L’Ordinario deve inoltre sentire il parere del Consiglio di governo circa gli indirizzi pastorali dell’Ordinariato e i principi ispiratori della formazione dei chierici.

§ 4. Il Consiglio di governo ha voto deliberativo:

a. per formare la terna di nomi da inviare alla Santa Sede per la nomina dell’Ordinario;

b. nell’elaborare le proposte di cambiamento delle Norme Complementari dell’Ordinariato da presentare alla Santa Sede;

c. nella redazione degli Statuti del Consiglio di governo, degli Statuti del Consiglio Pastorale e del Regolamento delle case di formazione.

§ 5. Il Consiglio di governo è composto secondo gli Statuti del Consiglio. La metà dei membri è eletta dai presbiteri dell’Ordinariato.

Il Consiglio Pastorale

Articolo 13

§ 1. Il Consiglio Pastorale, istituito dall’Ordinario, esprime il suo parere circa l’attività pastorale dell’Ordinariato.

§ 2. Il Consiglio Pastorale, presieduto dall’Ordinario, è retto dagli Statuti approvati dall’Ordinario.

Le parrocchie personali

Articolo 14

§ 1. Il parroco può essere assistito nella cura pastorale della parrocchia da un vicario parrocchiale, nominato dall’Ordinario; nella parrocchia dev’essere costituito un Consiglio pastorale e un Consiglio per gli affari economici.

§ 2. Se non c’è un vicario, in caso di assenza, d’impedimento o di morte del parroco, il parroco del territorio in cui si trova la chiesa della parrocchia personale, può esercitare, se necessario, le sue facoltà di parroco in modo suppletivo.

§ 3. Per la cura pastorale dei fedeli che si trovano nel territorio di Diocesi in cui non è stata eretta una parrocchia personale, sentito il parere del Vescovo diocesano, l’Ordinario può provvedere con una quasi-parrocchia (cf. CIC, can. 516, § 1).

Il Sommo Pontefice Benedetto XVI, nell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato le presenti Norme Complementari alla Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus, decise dalla Sessione Ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato le pubblicazione.

Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 4 novembre 2009, Memoria di San Carlo Borromeo.

William Card. Levada
Prefetto

+ Luis. F. Ladaria, S.I.
Arcivescovo tit. di Thibica
Segretario
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09/11/2009 16:11

Aperta una nuova strada nell’ecumenismo: pubblicata la Costituzione Apostolica “Anglicanorum Coetibus” per gli Anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa cattolica

Un documento che “apre una nuova strada per la promozione dell’unità dei cristiani, riconoscendo nel contempo la legittima diversità nell’espressione della nostra fede comune”: è questo, in sintesi, il significato autentico della
Costituzione Apostolica “Anglicanorum Coetibus”, che risponde alle numerose richieste di anglicani di diverse parti del mondo ad entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica. Il documento pubblicato oggi è stato firmato dal Papa lo scorso 4 novembre, Memoria di San Carlo Borromeo. Consta di 13 articoli ed è accompagnato da una serie di Norme complementari, stilate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il servizio di Alessandro Gisotti:

La Costituzione Apostolica “Anglicanorum Coetibus”, sottolinea una
nota della Sala Stampa vaticana
, attraverso l’istituzione di Ordinariati personali, risponde alle numerose richieste pervenute alla Santa Sede da gruppi di ministri e fedeli anglicani desiderosi di “entrare nella piena e visibile comunione con la Chiesa cattolica”.
Non si tratta, dunque, di “un’iniziativa che abbia avuto origine nella Santa Sede, ma di una risposta generosa” del Papa alla “legittima aspirazione di tali gruppi anglicani”.

L’istituzione di questa nuova struttura, prosegue la nota, “si colloca in piena armonia con l’impegno per il dialogo ecumenico, che continua ad essere una priorità della Chiesa cattolica”. Del resto, gli Ordinariati Personali permetteranno a tali gruppi di anglicani di “entrare nella piena comunione con la Chiesa cattolica, conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano”. La nota sottolinea inoltre che la possibilità prevista dalla Costituzione “Anglicanorum Coetibus” della presenza di alcuni chierici sposati negli Ordinariati Personali “non significa in alcun modo un cambiamento nella disciplina della Chiesa per quanto riguarda il celibato sacerdotale” che, come afferma il Concilio Vaticano II, “è segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale e annuncia in modo radioso il Regno di Dio”.

La Costituzione Apostolica stabilisce innanzitutto l’istituzione di Ordinariati Personali per gli anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa cattolica. Questi Ordinariati, prevede l’articolo introduttivo della “Anglicanorum Coetibus”, “vengono eretti dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, all’interno dei confini territoriali di una determinata Conferenza episcopale”. Hanno personalità giuridica e sono formati da fedeli laici, chierici e religiosi, “originariamente appartenenti alla Comunione anglicana e ora in piena comunione con la Chiesa cattolica” (art.1).
Dopo aver ribadito che l’Ordinariato Personale, è soggetto alla Congregazione per la Dottrina della Fede e agli altri dicasteri vaticani secondo le loro competenze (art.2), la Costituzione si sofferma sulle celebrazioni liturgiche.
L’Ordinariato, viene stabilito, ha la facoltà di celebrare l’Eucaristia e gli altri Sacramenti secondo i libri liturgici “propri della tradizione anglicana approvati dalla Santa Sede” così da tener vive le tradizioni spirituali, liturgiche e pastorali della Comunione anglicana (art.3). L’Ordinariato Personale è affidato alla cura pastorale di un Ordinario nominato dal Papa e l’Ordinario ha potestà ordinaria, vicaria e personale (art. 4-5).

La Costituzione stabilisce dunque che quanti hanno esercitato il ministero di diaconi, presbiteri o vescovi anglicani possono essere accettati dall’Ordinario come candidati ai Sacri Ordini nella Chiesa cattolica.
Per i ministri coniugati vanno osservate le norme dell’Enciclica “
Sacerdotalis coelibatus” e della Dichiarazione “In June”. I ministri non coniugati devono invece sottostare alla norma del celibato clericale.
D’altro canto, l’Ordinario “ammetterà all’ordine del presbiterato solo uomini celibi”, mentre potrà “rivolgere petizione” al Pontefice, in deroga al can. 277, § 1, “di ammettere caso per caso all’Ordine sacro del presbiteriato anche uomini coniugati, secondo criteri oggettivi approvati dalla Santa Sede”.
Ancora, i candidati agli Ordini Sacri in un Ordinariato “saranno formati insieme agli altri seminaristi, specialmente negli ambiti dottrinale e pastorale”. Al contempo, l’Ordinario, con l’approvazione della Santa Sede, “può erigere nuovi Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica” (art.6-7).

La Costituzione prevede che, sentito il parere del vescovo diocesano del luogo e con il consenso della Santa Sede, possa “erigere parrocchie personali, per la cura pastorale dei fedeli appartenenti all’Ordinariato”. I parroci godono di tutti i diritti e sono tenuti a tutti gli obblighi previsti dal Codice di diritto canonico (art.8). Si stabilisce inoltre che fedeli laici e religiosi che desiderano far parte dell’Ordinariato Personale “devono manifestare questa volontà per iscritto” (art.9).

L’Ordinario, prosegue l’“Anglicanorum Coetibus”, è assistito da un Consiglio di governo, “regolato da Statuti approvati dall’Ordinario e confermati dalla Santa Sede”. Tale Consiglio è presieduto dall’Ordinario ed esercita, tra l’altro, le funzioni stabilite nel Codice di diritto canonico per il Consiglio presbiteriale (art.10). L’Ordinario si deve recare a Roma ogni 5 anni per la visita ad Limina e deve presentare al Papa una relazione sullo stato dell’Ordinariato (art.11). Da ultimo, la Costituzione stabilisce che per le cause giudiziali il tribunale competente è quello della diocesi in cui una delle parti ha il domicilio, a meno che l’Ordinariato non abbia costituito un suo tribunale (art.12). L’ultimo articolo prevede che il decreto che erige un Ordinariato determinerà il luogo della sede dell’Ordinariato stesso. (art. 13).

Alla Costituzione sono allegate le Norme Complementari. Innanzitutto, si sottolinea che l’Ordinario, il quale può essere un vescovo o un presbitero è nominato dal Pontefice, è membro della rispettiva Conferenza episcopale. Nell’esercizio del suo ufficio, l’Ordinario deve mantenere stretti legami di comunione con il vescovo della diocesi. L’Ordinario, che può erigere decanati territoriali, ha la facoltà di incardinare nell’Ordinariato i ministri anglicani entrati nella piena comunione con la Chiesa cattolica. Dal canto loro, i fedeli laici provenienti dall’Anglicanesimo, dopo la Professione di Fede e i Sacramenti dell’Iniziazione, devono essere iscritti in un apposito registro dell’Ordinariato.

L’articolo 6 delle Norme si concentra sullo status del clero. In considerazione della tradizione e dell’esperienza ecclesiale anglicana, si legge, “l’Ordinario può presentare al Santo Padre la richiesta di ammissione di uomini sposati all’ordinazione presbiteriale nell’Ordinariato, dopo un processo di discernimento basato su criteri oggettivi e le necessità dell’Ordinariato”. Criteri che saranno determinati dall’Ordinario, una volta consultato l’episcopato locale, e approvati dalla Santa Sede. Coloro che erano stati ordinati nella Chiesa cattolica e hanno in seguito aderito alla Comunione anglicana non possono essere ammessi all’esercizio del ministero sacro nell’Ordinariato. “I chierici anglicani che si trovano in situazioni matrimoniali irregolari – viene inoltre stabilito – non possono essere ammessi agli Ordini Sacri nell’Ordinariato”.

L’articolo 10 stabilisce, quindi, la regolamentazione per la formazione del clero dell’Ordinariato. Tale formazione deve svolgersi “in piena armonia con la tradizione cattolica, in quegli aspetti del patrimonio anglicano di particolare valore”. L’Ordinario può accettare come seminaristi “solo i fedeli che fanno parte di una parrocchia personale dell’Ordinariato o coloro che provengono dall’Anglicanesimo e hanno ristabilito la piena comunione con la Chiesa cattolica”. I candidati al sacerdozio riceveranno la loro formazione teologica “con gli altri seminaristi in un seminario o in una facoltà teologica, sulla base di un accordo intervenuto tra l’Ordinariato e il vescovo diocesano o i vescovi interessati”. Ai presuli già anglicani è dedicato l’articolo 11 delle Norme complementari. “Un vescovo già anglicano e coniugato – viene stabilito – è eleggibile per essere nominato Ordinario. In tal caso, è ordinato presbitero nella Chiesa cattolica ed esercita nell’Ordinariato il ministero pastorale e sacramentale con piena autorità giurisdizionale”. Un vescovo anglicano che appartiene all’Ordinariato può essere invitato a partecipare agli incontri della Conferenza episcopale del rispettivo territorio. Gli ultimi articoli riguardano il Consiglio di governo, il Consiglio Pastorale e le parrocchie personali.

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Il commento di padre Ghirlanda sulla Anglicanorum Coetibus

Sul significato di questa
Costituzione Apostolica ascoltiamo il padre gesuita Gianfranco Ghirlanda, rettore magnifico della Pontificia Università Gregoriana e consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede. L’intervista è di Sergio Centofanti:

R. – Il significato principale è la sollecitudine del Santo Padre, che risponde ad una richiesta più volte rivolta da gruppi, non solo da singoli, ma da gruppi di fedeli anglicani, di voler ristabilire una piena comunione con la Chiesa cattolica; e direi che l’importanza dell’evento sta proprio nel fatto che, dopo secoli di rottura della comunione con la Chiesa cattolica, gruppi di fedeli insieme con i loro pastori, sia vescovi che sacerdoti, hanno fatto questa richiesta: la richiesta è venuta da loro. Quindi, il Papa ha predisposto un mezzo giuridico per poterli accogliere, ovvero gli Ordinariati Personali, in modo che conservino la loro tradizione spirituale, liturgica, pastorale, ma entrando a far parte della Chiesa cattolica, quindi non formando una “chiesuola” all’interno della Chiesa cattolica.

D. – Perché si è scelta la via degli Ordinariati Personali?

R. – Perché è una figura flessibile. Non è totalmente nuova, perché già ci sono gli Ordinariati Militari, quindi c’è una qualche analogia, ma con alcune differenze perché mentre negli Ordinariati Militari c’è un esercizio della potestà cumulativa tra l’ordinario militare e i vescovi del luogo, invece nell’Ordinariato Personale, per gli anglicani, non c’è questo esercizio cumulativo, ma i fedeli – sia laici che di istituti di vita consacrata e i chierici – formano praticamente il popolo di Dio di una circoscrizione ecclesiastica che è analoga ad una Chiesa particolare, ma con una giurisdizione personale dell’ordinario, che governa l’Ordinariato a nome del Papa, nel senso che ha una potestà ordinaria, che gli viene dal suo ufficio, ma la esercita a nome del Papa, non a nome di se stesso.

D. – Quali esigenze vuole comporre la Costituzione apostolica?

R. – Da una parte, appunto, l’esigenza che questi gruppi che entrano a far parte della Chiesa cattolica conservino la loro tradizione spirituale, liturgica e pastorale, in quanto si vede questa tradizione come un valore per la Chiesa cattolica, un arricchimento per la Chiesa cattolica: loro ricevono la ricchezza della Chiesa latino-romana e la Chiesa latina riceve la ricchezza di questa tradizione. Nello stesso tempo, però, la Costituzione Apostolica prevede tutti quegli strumenti giuridici affinché questi gruppi non formino una “chiesuola” all’interno della Chiesa cattolica, cioè si integrino nella vita della Chiesa cattolica, anche con la loro peculiarità.

D. – Non si tratta di un nuovo rito...

R. – No. Piuttosto c’è una sorta di analogia col rito ambrosiano, che è all’interno della Chiesa latina.

D. – Per quanto riguarda la regola del celibato…

R. – Per quanto riguarda la regola del celibato, non è nuovo il fatto che dei ministri anglicani coniugati desiderino essere ordinati nel grado del presbiterato nella Chiesa cattolica, e quindi rimangano nel matrimonio. Già si aveva una disposizione di Giovanni Paolo II.
La regola generale rimarrà sempre il celibato ecclesiastico, ma si ammette che in base a criteri oggettivi che verranno determinati di volta in volta, e anche in base alle necessità, l’ordinario di un Ordinariato possa chiedere al Santo Padre l’ordinazione di uomini sposati. Costituisce tuttavia un’eccezione: la regola rimane il celibato. I vescovi anglicani coniugati, che chiedono la comunione con la Chiesa cattolica, non possono essere ordinati nel grado dell’episcopato, ma solo nel grado del presbiterato, in quanto se fossero ordinati nel grado dell’episcopato questo sarebbe andato contro tutta la tradizione non solo cattolica, ma anche contro la tradizione delle Chiese orientali e delle Chiese ortodosse.

D. – Il significato ecumenico di questo evento…

R. – Il significato ecumenico è lo sbocco di tutto un cammino di relazioni tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana, che ha portato questi gruppi, man mano, ad una riflessione: quella di maturare quell’aspetto della fede cristiana che ritiene necessario un centro di unità ed un centro di unità che è stato istituito da Gesù Cristo, cioè il Primato petrino. In questo è da vedere una maturazione nella fede, non soltanto un fatto puramente formale o di insoddisfazione nell’essere nella Comunione anglicana, ma è una maturazione che riguarda il Primato, il senso del Primato come custode della Tradizione apostolica.

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Una normativa essenziale per una struttura canonica flessibile


di Gianfranco Ghirlanda, s.i.
Rettore Magnifico
della Pontificia Università Gregoriana


La Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus del 4 novembre 2009, offre una normativa essenziale che regola l'istituzione e la vita di Ordinariati Personali per quei fedeli anglicani che desiderino entrare corporativamente o singolarmente in piena comunione con la Chiesa Cattolica. Con essa, come viene espresso nel Proemio, il Santo Padre Benedetto XVI, come Pastore Supremo di tutta la Chiesa e garante, per mandato di Cristo, dell'unità dell'episcopato e della comunione universale di tutte le Chiese, manifesta la sua paterna sollecitudine verso quei fedeli anglicani, laici, chierici e membri di Istituti di vita consacrata e di Società di vita apostolica, che hanno ripetutamente chiesto alla Sede Apostolica di essere ricevuti nella piena comunione cattolica.

Il Proemio ci dà la ratio legis, mettendo in risalto alcuni elementi che conviene richiamare: 

- la Chiesa, nella sua unità e diversità, ha come modello la Santissima Trinità, ed è stata istituita come "il sacramento, ossia il segno e lo strumento, dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (Lumen gentium, 1) per cui ogni divisione fra i battezzati è una ferita a ciò che la Chiesa è e a ciò per cui la Chiesa esiste ed è quindi uno scandalo, perché contraddice la preghiera di Gesù prima della Sua passione e morte (cfr. Gv 17, 20-21);

- la comunione ecclesiale, costituita dallo Spirito Santo, che è il principio di unità della Chiesa, per analogia al mistero del Verbo incarnato è allo stesso tempo spirituale, invisibile e visibile, gerarchicamente organizzata; quindi la comunione fra i battezzati per essere piena non può che manifestarsi "visibilmente nei vincoli della professione dell'integrità della fede, della celebrazione di tutti i sacramenti istituiti da Cristo e del governo del Collegio dei Vescovi uniti con il proprio capo, il Romano Pontefice";

- sebbene l'unica Chiesa di Cristo sussista nella Chiesa Cattolica governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui, tuttavia fuori del suo organismo visibile, quindi nelle Chiese e nelle Comunità cristiane separate, si trovano parecchi elementi di santificazione e di verità che, per il fatto di essere doni propri della Chiesa di Cristo, spingono verso l'unità cattolica.
Quei fedeli anglicani che hanno chiesto di entrare in piena comunione con la Chiesa Cattolica, sotto l'azione dello Spirito Santo, sono stati spinti verso la ricostituzione dell'unità dagli elementi propri della Chiesa di Cristo che sono stati sempre presenti nella loro vita cristiana personale e comunitaria.
Per questo la promulgazione della Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus da parte del Santo Padre e ciò che ne seguirà segnano un tempo di azione dello Spirito.
Il mezzo giuridico che il Santo Padre ha preordinato per ricevere nella piena comunione cattolica dei fedeli anglicani è quello dell'erezione di Ordinariati Personali (i 1).
La competenza dell'erezione è data alla Congregazione per la Dottrina della Fede, per il fatto che quest'ultima lungo tutto l'iter che ha portato alla Costituzione Apostolica ha dovuto affrontare questioni di carattere dottrinale e questioni dello stesso carattere si presenteranno anche al momento dell'erezione dei singoli Ordinariati e della piena incorporazione di gruppi di fedeli anglicani nella piena comunione cattolica, attraverso gli Ordinariati che verranno eretti. Tuttavia, per singoli atti, ogni Ordinariato è soggetto non solo alla Congregazione per la Dottrina della Fede, ma anche agli altri Dicasteri della Curia Romana secondo le loro competenze (Cost. Ap. II), per esempio:  per le associazioni di fedeli, al Pontificio Consiglio per i Laici; per la formazione dei chierici e la loro vita, alla Congregazione per il Clero; per le varie forme di vita consacrata, alla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, ecc. Solo per quello che riguarda la visita ad limina Apostolorum, a cui l'Ordinario è tenuto ogni cinque anni, oltre la Congregazione per la Dottrina della Fede, la Costituzione Apostolica menziona espressamente la Congregazione per i Vescovi e la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (Cost. Ap. xi).

Con la previsione dell'erezione di Ordinariati Personali per Anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa Cattolica, la Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus non viene a creare una nuova figura nell'ordinamento canonico vigente, ma applica la figura dell'Ordinariato Personale, già prevista per la cura pastorale dei militari dalla Costituzione Apostolica Spirituali militum cura, data da Giovanni Paolo II il 21 aprile 1986. È evidente che essendo diversa la finalità degli Ordinariati Militari e quella degli Ordinariati Personali per i fedeli provenienti dall'Anglicanesimo, pur essendovi delle analogie tra i due tipi di Ordinariati Personali, tuttavia vi sono anche differenze significative. Ci muoviamo nell'ambito di figure che sono dalla Chiesa create per far fronte a varie situazioni particolari che eccedono dall'ordinarietà della vita e delle necessità dei fedeli. La sollecitudine pastorale della Chiesa e l'elasticità del suo ordinamento canonico permettono di configurare circoscrizioni che siano le più adatte a venire incontro a tali necessità per il bene spirituale dei fedeli, purché esse non contraddicano i principi che fondano l'ecclesiologia cattolica.

Come gli Ordinariati Militari non sono previsti espressamente nel Codice di Diritto Canonico così non lo sono gli Ordinariati Personali per gli Anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa Cattolica. Tuttavia, come gli Ordinariati Militari nella Costituzione Apostolica Spirituali militum curae sono considerati peculiari circoscrizioni ecclesiastiche e vengono giuridicamente assimilati alle diocesi (Cost. Ap. i 1), così anche gli Ordinariati Personali per i fedeli provenienti dall'Anglicanesimo nella Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus sono giuridicamente assimilati alle diocesi (Cost. Ap. i 3).

Tali Ordinariati Personali non si possono considerare una Chiesa particolare rituale, in quanto la tradizione liturgica, spirituale e pastorale anglicana viene a configurarsi piuttosto come una particolarità all'interno della Chiesa Latina; inoltre scegliere la figura giuridica di una Chiesa rituale avrebbe potuto creare problemi ecumenici. Neppure possono essere considerati Prelature personali, in quanto, secondo il can. 294 le Prelature personali sono formate da presbiteri e diaconi del clero secolare, mentre i laici, secondo il can. 296, possono semplicemente dedicarsi alle opere apostoliche di esse mediante convenzioni; i membri di Istituti di vita consacrata o di Società di vita apostolica nei canoni riguardanti le Prelature personali non vengono neanche menzionati.

Gli Ordinariati per i fedeli provenienti dall'Anglicanesimo sono, allora, circoscrizioni personali, in quanto la giurisdizione dell'Ordinario, e di conseguenza dei parroci, non è circoscritta da un territorio all'interno di una Conferenza Episcopale come una Chiesa particolare territoriale, ma è esercitata "su tutti coloro che appartengono all'Ordinariato" (Cost. Ap. v). Inoltre, nel territorio di una stessa Conferenza Episcopale, a seconda delle necessità, possono essere eretti anche più Ordinariati Personali (Cost. Ap. i 2).

Dalla lettura della Costituzione Apostolica e delle Norme Complementari emanate dalla Sede Apostolica si percepisce chiaramente l'intento, con la previsione di erezione di Ordinariati Personali, di comporre due esigenze:  da una parte quella di "mantenere vive all'interno della Chiesa Cattolica le tradizioni spirituali, liturgiche e pastorali della Comunione Anglicana, quale dono prezioso per alimentare la fede dei suoi membri e ricchezza da condividere" (Cost. Ap. iii); dall'altra quella di una piena integrazione di gruppi di fedeli o di singoli, già appartenenti all'Anglicanesimo, nella vita della Chiesa Cattolica.

L'arricchimento è reciproco:  i fedeli provenienti dall'Anglicanesimo, entrando nella piena comunione cattolica, ricevono la ricchezza della tradizione spirituale, liturgica e pastorale della Chiesa Latina Romana, per integrarla con la loro tradizione, di cui viene ad arricchirsi la stessa Chiesa Latina Romana. D'altra parte proprio tale tradizione anglicana, che viene ricevuta nella sua autenticità nella Chiesa Latina Romana, nell'Anglicanesimo ha costituito uno di quei doni della Chiesa di Cristo che hanno spinto tali fedeli verso l'unità cattolica.

Si tratta, allora, di un provvedimento che va al di là della Pastoral Provision adottata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvata da Giovanni Paolo II il 20 giugno 1980. Infatti, mentre la Pastoral Provision prevedeva che i fedeli provenienti dall'Anglicanesimo appartenessero alla diocesi in cui avessero il domicilio, pur essendo oggetto di una particolare cura pastorale da parte del Vescovo diocesano, la Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus prevede che fanno parte dell'Ordinariato Personale, non della diocesi in cui stabiliscono il loro domicilio, fedeli di ogni stato di vita (laici, chierici, membri di Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica), provenienti, come singoli o in gruppi, dall'Anglicanesimo o che ricevono i sacramenti dell'iniziazione nell'Ordinariato stesso (Cost. Ap. i 4).

I chierici sono ascritti all'Ordinariato Personale tramite l'incardinazione, regolata secondo il Codice di Diritto Canonico (Cost. Ap. vi 3), mentre i laici e gli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, provenienti dall'Anglicanesimo, debbono manifestare per iscritto la volontà di entrare a far parte dell'Ordinariato (Cost. Ap. ix). Le Norme Complementari (= NC) prevedono che tali laici e Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica siano iscritti in un apposito registro dell'Ordinariato (Art. 5 1). Infatti, mentre si fa parte di una Chiesa particolare territoriale per il fatto del domicilio o quasi domicilio, si fa parte dell'Ordinariato Personale sulla base del fatto oggettivo della precedente appartenenza all'Anglicanesimo oppure perché si è venuti alla fede cattolica tramite l'Ordinariato. Possiamo dire che l'iscrizione nel registro sostituisce il fatto del domicilio o quasi domicilio che in relazione all'appartenenza ad una struttura di carattere personale è irrilevante.

La Costituzione Apostolica in questo momento vuole innanzitutto provvedere al ristabilimento della piena comunione in un qualche modo "corporativa", da parte di gruppi che comprendono vari stati di vita. Gli Ordinariati Personali per tali gruppi sono sembrati le strutture canoniche più adatte a proteggere e alimentare la tradizione spirituale, liturgica e pastorale sviluppatasi nell'Anglicanesimo e che la Chiesa Cattolica riconosce come autentica. Ciò non esclude che possano far parte di un Ordinariato Personale anche singoli fedeli provenenti dall'Anglicanesimo o singoli fedeli che giungono alla fede cattolica attraverso l'attività pastorale e missionaria dell'Ordinariato Personale e che in esso ricevono i sacramenti dell'iniziazione. La Pastoral Provision non è sembrata un mezzo adatto per la nuova situazione cui la Sede Apostolica è stata sollecitata a rispondere.

L'Ordinario che ha la cura pastorale dei fedeli che fanno parte dell'Ordinariato Personale, esercita infatti una potestà ordinaria vicaria in nome del Romano Pontefice (Cost. Ap. v.b), e quindi, godendo di una sua giusta autonomia rispetto alla giurisdizione dei Vescovi diocesani in cui i fedeli dell'Ordinariato hanno il domicilio, può meglio garantire che sia evitata un'assimilazione di tali fedeli nelle diocesi in un modo tale da perdere la ricchezza della loro tradizione anglicana, apportando un impoverimento a tutta la Chiesa. D'altra parte l'Ordinario, nell'esercizio della sua potestà vicaria, deve anche garantire l'integrazione piena dell'Ordinariato nella vita della Chiesa Cattolica, evitando che esso si trasformi in una "chiesuola" al suo interno.

La tutela e l'alimento della tradizione anglicana sono assicurati: 

a) dalla concessione all'Ordinariato della facoltà di celebrare l'Eucaristia e gli altri Sacramenti, la Liturgia delle Ore e le altre azioni liturgiche secondo i libri liturgici propri della tradizione anglicana approvati dalla Santa Sede, senza però escludere che le celebrazioni liturgiche avvengano secondo il Rito Romano (Cost. Ap. iii);

b) dal fatto che l'Ordinario, per la formazione dei seminaristi dell'Ordinariato che vivono in un seminario diocesano, può stabilire programmi specifici oppure erigere una casa di formazione per loro (Cost. Ap. vi 5; NC Art. 10 2); i seminaristi debbono provenire da una parrocchia personale dell'Ordinariato o comunque dall'Anglicanesimo (NC Art. 10 4);

c) dalla concessione che coloro che erano ministri coniugati nell'Anglicanesimo, anche vescovi, possono essere ordinati nel grado del presbiterato, a norma dell'Enciclica di Paolo VI Sacerdotalis coelibatus, n. 42 e della Dichiarazione In June, cioè rimanendo nello stato matrimoniale (Cost. Ap. vi 1);

d) dalla possibilità, dopo un processo di discernimento basato su criteri oggettivi e le necessità dell'Ordinariato (NC Art. 6 1), di chiedere al Romano Pontefice di ammettere caso per caso all'Ordine Sacro del presbiterato anche uomini coniugati, in deroga al CIC can. 277, 1, sebbene la regola sia che vengono ammessi all'ordine del presbiterato solo uomini celibi (Cost. Ap. vi 2);

e) dall'erezione di parrocchie personali da parte dell'Ordinario, dopo aver sentito il parere del Vescovo diocesano del luogo e ottenuto il consenso della Santa Sede (Cost. Ap. viii 1);

f) dalla possibilità di ricevere Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica provenienti dall'Anglicanesimo e di erigerne di nuovi (Cost. Ap. vii);

g) dal fatto che, per il rispetto della tradizione sinodale dell'Anglicanesimo:  1) l'Ordinario è nominato dal Romano Pontefice, sulla base di una terna di nomi presentata dal Consiglio di Governo (NC Art. 4 1); 2) la costituzione del Consiglio Pastorale è prevista come obbligatoria (Cost. Ap. x 2); 3) il Consiglio di Governo, composto di almeno sei sacerdoti, oltre le funzioni stabilite dal Codice di Diritto Canonico per il Consiglio Presbiterale e il Collegio dei Consultori, esercita anche quelle specificate nelle Norme Complementari, dovendo in alcuni casi dare il suo consenso o esprimere il suo voto deliberativo (Cost. Ap. x 2; NC Art. 12).

L'integrazione nella vita della Chiesa Cattolica è assicurata da quelle norme che disciplinano la professione di fede e le relazioni con le Conferenze Episcopali e con i singoli Vescovi diocesani, secondo le quali: 

a) il Catechismo della Chiesa Cattolica è considerato l'espressione autentica della fede dei membri dell'Ordinariato (Cost. Ap. i 5);

b) un Ordinariato personale viene eretto dalla Santa Sede all'interno dei confini territoriali di una Conferenza Episcopale, dopo che quest'ultima sia stata consultata (Cost. Ap. i 1);

c) l'Ordinario è membro della rispettiva Conferenza Episcopale, di cui è tenuto a seguire le direttive, a meno che non siano incompatibili con la Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus (NC Art. 2);

d) l'ordinazione di ministri provenienti dall'Anglicanesimo è prevista come assoluta, nel rispetto dell'Epistola Apostolicae curae data da Leone xiii il 13 settembre 1896; in nessun modo viene previsto che siano ammessi all'ordine dell'episcopato uomini coniugati (NC Art 11 1), questo per rispetto a tutta la tradizione cattolica latina e delle Chiese orientali cattoliche, nonché della tradizione ortodossa;

e) i presbiteri incardinati in un Ordinariato costituiscono il suo presbiterio, ma debbono coltivare un vincolo di unità con il presbiterio della diocesi nel cui territorio svolgono il loro ministero e favorire iniziative e attività pastorali e caritative congiunte, che potranno essere oggetto di convenzioni stipulate tra l'Ordinario e il Vescovo o i Vescovi diocesani interessati (Cost. Ap. vi 4; NC Art. 3); è prevista la possibilità di mutuo aiuto pastorale tra i chierici incardinati nell'Ordinariato e quelli incardinati nella diocesi in cui si trovano fedeli dell'Ordinariato (NC Art. 9 1 e 2);

f) i presbiteri dell'Ordinariato possono essere eletti membri del Consiglio Presbiterale della Diocesi nel cui territorio esercitano la cura pastorale dei fedeli dell'Ordinariato (NC Art. 8 1); g) i presbiteri e i diaconi dell'Ordinariato possono essere membri del Consiglio Pastorale della Diocesi nel cui territorio esercitano il loro ministero (NC Art. 8 2);

h) la potestà dell'Ordinario è esercitata in modo congiunto con il Vescovo diocesano nei casi previsti dalle Norme Complementari (Cost. Ap. v; NC Art. 5 2);

i) i candidati agli Ordini sacri debbono essere formati insieme agli altri seminaristi, specialmente per quello che riguarda gli ambiti dottrinale e pastorale, anche se può essere per loro previsto un programma particolare oppure può essere eretta una casa di formazione (Cost. Ap. vi 5; NC Art. 10 2);

j) per erigere una parrocchia personale l'Ordinario deve aver sentito il parere del Vescovo diocesano del luogo (Cost. Ap. viii 1);

k) le Norme Complementari stabiliscono quando i diritti e i doveri propri del parroco dell'Ordinariato saranno esercitati in mutuo aiuto pastorale col parroco del territorio in cui è eretta la parrocchia personale (Cost. Ap. viii 2; NC 14 2);

l) il tribunale competente per le cause giudiziali riguardanti i fedeli appartenenti all'Ordinariato è quello della diocesi in cui una delle parti ha il domicilio, a meno che l'Ordinariato non abbia costituito un suo tribunale (Cost. Ap. xii).

Come si può vedere, la Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus predispone norme che stabiliscono la natura e regolano in modo generale la vita degli Ordinariati Personali appositamente eretti per Anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa Cattolica. Viene così istituita una struttura canonica flessibile, in quanto si può prevedere che i Decreti di erezione dei singoli Ordinariati terranno conto della situazione particolare dei vari luoghi adattando ad essa quanto contenuto nella presente Costituzione Apostolica e nelle Norme Complementari. Come lo Spirito Santo ha guidato il lavoro preparatorio di questa Costituzione Apostolica, così assisterà nell'applicazione di essa.


(©L'Osservatore Romano - 9-10 novembre 2009)
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