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Bene
00venerdì 15 febbraio 2008 19:02



Newsletter del 31 Gennaio 2008



IL PAPA: UNICA VERA CHIESA E' QUELLA CATTOLICA
La Chiesa cattolica è l'unica vera Chiesa di Cristo; la fecondazione artificiale è sempre contraria alla dignità umana. Sono due delle principali affermazioni contenute nel discorso che papa Benedetto XVI ha rivolto il 31 gennaio 2008 ai membri della Congregazione della Dottrina per la Fede. Un intervento importante che potrete leggere integralmente cliccando qui.

Nel discorso il Papa ribadisce la preoccupazione per un "persistente relativismo religioso e culturale" che distorce la dottrina della Chiesa, soprattutto in nome dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso. Il Papa considera invece che sia proprio una visione relativista della Chiesa a bloccare il processo ecumenico. Da qui l'importanza di riconfermare che "l'una e unica Chiesa di Cristo ha la sua sussistenza, permanenza e stabilità nella Chiesa cattolica e che pertanto l'unità, l'indivisibilità e l'indistruttibilità della Chiesa di Cristo non vengono annullate dalle separazioni e divisioni dei cristiani". Inoltre, dice Benedetto XVI citando il Concilio Vaticano II a proposito delle religioni non cristiane, "questa unica vera religione sussiste nella Chiesa cattolica, alla quale il Signore Gesù ha affidato il compito di diffonderla a tutti gli uomini". Per questo il dialogo interreligioso non può dispensare la Chiesa dalla "necessità dell'evangelizzazione e dell'attività missionaria verso i popoli".

Il Papa ha poi dedicato la seconda parte del discorso alla bioetica, che ha invitato a seguire con attenzione offrendo i "due criteri fondamentali per il discernimento morale": a) il rispetto incondizionato dell'essere umano come persona, dal suo concepimento fino alla morte naturale; b) il rispetto dell'originalità della trasmissione della vita umana attraverso gli atti propri dei coniugi. Proprio questi criteri dimostrano come "con la fecondazione artificiale extra-corporea sia stata infranta la barriera posta a tutela della dignità umana". .



AVVENIRE SPIEGA CHE LA LEGGE 194 E' INACCETTABILE

Nelle scorse settimane, a proposito di polemiche nel mondo cattolico sulla Legge 194, Il Timone - e soprattutto quanto è apparso sul Timone online - è stato tirato in ballo a sproposito, come se la polemica fosse partita da queste colonne. Per chiudere la questione una volta per tutte e chiarire gli equivoci, allora vogliamo soltanto precisare che la polemica è partita da un lungo articolo su un settimanale cattolico in cui si davano giudizi sulla legge 194 - che ha legalizzato l'aborto in Italia - palesemente in contrasto con la dottrina sociale della Chiesa e anche con il buon senso. Dal Timone è venuta soltanto una puntualizzazione per evitare che si alimentasse ulteriormente la confusione nel mondo cattolico. Siamo perciò contenti di registrare che il direttore di Avvenire, Dino Boffo, intervenendo sulla questione il 13 gennaio in risposta a un lettore, abbia espresso i nostri stessi concetti facendo una chiara distinzione tra il giudizio oggettivo sulla Legge 194, che resta "inaccettabile", e la strategia politica e sociale volta a strappare quanti più bambini possibile dall'aborto. A questo proposito, ricordiamo anche che non abbiamo mai criticato l'uso anche della legge 194 al fine di evitare la legalizzazione della pillola abortiva RU486.
Il numero di febbraio de "Il Timone" dedica un servizioo proprio a questo tema. Chi fosse interessato a ricevere una copia saggio può scrivere a info@iltimone.org.

Ed ecco l'intervento di Dino Boffo su Avvenire del 13 gennaio:

194: DA MODIFICARE, CON REALISMO


Approfitto di questa lettera per chiarire a tutti quello che, secondo me, dovrebbe essere già chiaro ma che tuttavia conviene ripetere, se non altro per venire incontro a voi più giovani, che tante cose non potete presupporle.
Il Concilio Vaticano II dà una definizione icastica: «L’aborto come l’infanticidio sono abominevoli delitti» (GS.51). Da queste parole evidentemente non si sfugge. Tanto più che oggi, con l’ecografia, davvero non ci sono dubbi che quello che sta dentro la pancia della mamma è un essere appartenente alla specie umana, una creatura come me. Punto.
Parliamo chiaro, per sbrogliare ogni lettura impropria. La legge 194, che il prossimo 22 maggio compie trent’anni, è una legge inaccettabile poiché in casi ben determinati legittima esplicitamente l’uccisione di un essere umano che non perché ancora piccolissimo è meno umano di me. Questo autentico cratere posto al centro di una legge che – ricordiamolo – detta «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza» finisce per inquinare anche quegli articoli – ad esempio dall’1 al 3 – che vogliono dare attuazione alla prima metà del titolo e che sono mossi da una logica positiva ma pur sempre condizionata dall’obiettivo della norma stessa. Ora, quando si parla in pagine come le nostre di dare una piena attuazione alla 194 non si vuol dire che, presa nel suo insieme, questa legge è positiva. No: si cerca piuttosto di ricordare che nella legge, oltre agli articoli che regolamentano l’atto abortivo, ci sono anche quelli – assai espliciti, sebbene sistematicamente aggirati nella prassi – che ne restringono il campo. E la legge, che resta iniqua per aver consentito un fatto «abominevole», diventa apprezzabile (in senso etimologico) quando afferma che l’interruzione volontaria della gravidanza «non è un mezzo per il controllo delle nascite», né tanto meno per selezionare prima della nascita i figli sani da quelli 'malriusciti'. Lo sterminio durante la gravidanza dei bambini down per effetto delle dilaganti pressioni sulle gestanti per una sempre più invasiva e ansiogena diagnosi prenatale è lì a dimostrare che va fermato l’uso eugenetico dell’aborto, denunciato mesi fa su 'Le Monde' persino da un laico come il presidente del Comitato francese di bioetica Didier Sicard. Chiedere di attuare le parti 'positive' della legge non equivale a un apprezzamento assoluto ma relativo. Piuttosto che un male più grande, meglio, molto meglio un male minore, considerando che la 194 parla di vite umane che vengono soppresse e che invece si possono salvare, una a una se fosse necessario (e lo è). Siccome si ha la percezione che non vi sia ancora una maggioranza disposta a rivedere la legge, mi è fatto obbligo – mentre contribuisco con determinazione e coerenza a preparare condizioni culturali migliori – di cooperare con tutti coloro che ci stanno perché all’aborto non si arrivi per leggerezza, paura o disperazione. Questo significa porsi su quel piano della prevenzione alla scelta di abortire che oggi incontra un’area crescente di consensi.
Quando su 'Avvenire' si legge la frase «non vogliamo cambiare la legge» non si segue tanto quello che si desidera ma si compie un atto di realismo. Solo dei buontemponi o chi ci giudica senza leggerci può equivocare sulla volontà generale che presiede a questo giornale da quand’è nato. Il che spiega anche la nostra disponibilità a cooperare con tutti quelli che, come me, vogliono estendere la persuasione che l’aborto è sempre un fatto terribile. Una convinzione, questa, che prescinde dalla carta d’identità culturale o religiosa di ciascuno e chiama in causa la condivisione profonda di ciò che è umano, razionale, intuitivo. Per questo c’è da essere riconoscenti a Giuliano Ferrara per la generosità con la quale sul 'Foglio' ci aiuta a smascherare ipocrisie e opportunismi culturali all’ombra dei quali ha prosperato la sostanziale accettazione della tragica pratica dell’aborto come «contraccettivo postumo», secondo la denuncia che ne faceva 22 anni fa il filosofo liberale Nicola Abbagnano in una lettera ad 'Avvenire': «In questi casi – aggiungeva, e sono parole che sembrano scritte oggi – non c’è alcuna ragione che lo giustifichi, sicché diventa senz’altro un attentato alla sacralità della vita».
Parliamo, allora, di cose concrete, fattibili, efficaci. Spingiamo insieme lo Stato, le Regioni, gli enti locali, autorità pubbliche ed energie private, chiunque abbia anche solo la chance di aiutare una madre (e un padre) il più delle volte soli, impauriti o male informati ad accogliere il loro bambino: perché chi deve e chi può promuova e sviluppi servizi, iniziative, progetti a ogni livello per evitare che «l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite». Lo prescrive l’articolo 2 della 194, una legge dello Stato che da trent’anni non ci piace perché apre la porta alla soppressione di esseri umani, ma che può essere modificata. A partire dalla sua attuazione troppo spesso aberrante.

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