Ambientalismo e bugie

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
SetteOttobre
00mercoledì 11 luglio 2007 18:33


AMBIENTALISMO: IDEOLOGIA ANTI-UMANA E PANZANE

Il buco di ozono ti brucerà la pelle, l'effetto serra scioglierà i ghiacci. Tutte queste catastrofi sono state profetizzate negli ultimi quarant'anni da tutte quelle associazioni, lobbies ecologiste e politiche (verdi in testa) che, avvalendosi di ogni tipo d'informazione culturale e attraverso le scuole esprimono il chiaro intento di precostituire nell'opinione pubblica la sindrome ambientalista.

L'IDEOLOGIA AMBIENTALISTA

L'associazionismo verde ama presentarsi in modo accattivante all'opinione pubblica italiana e mondiale, grazie al complice atteggiamento dei mass-media, quale un ritorno alla natura, alla vita agreste semplice dei nostri padri. Non è affatto così. Le battaglie ambientaliste sono molto variegate, ma animate da un unico obiettivo, che rimonta all'ideologia regressista loro propria: l'odio contro l'uomo, ritenuto l'unico animale che sia causa di disastri ecologici. E odio contro il mandato divino assegnato all'uomo di soggiogare la natura e gli animali e di avvalersene per il soddisfacimento dei propri bisogni materiali .
La filosofia ecologista mira ad esaltare e a tornare alla natura selvaggia com'era prima dell'intervento ordinatore e civilizzatore (per gli ambientalisti perturbatore e distruttore) dell'uomo; se proprio esseri umani ci devono essere, siano quelli primitivi, pensano gli ambientalisti, aggregati in tribù incivili, secondo l'ideale del buon selvaggio risalente a Jean-Jacques Rousseau, padre dei totalitarismi moderni.
Affermazioni pubbliche fatte da esponenti di rilievo dell'ecologismo internazionale come il Presidente del WWF mondiale, Principe Filippo d'Edimburgo, il quale ebbe a dichiarare testualmente: "Se rinascessi, mi piacerebbe essere un virus letale per contribuire a risolvere il problema dell'eccessiva popolazione umana" , oppure come quelle del famoso ambientalista James Lovelock, ad avviso del quale per garantire un giusto equilibrio ambientale gli uomini su tutta la terra non dovrebbero superare il numero di 500 milioni di persone per non disturbare le altre specie animali , cifra elevata a 700 milioni di anime, bontà sua, dal celebre esploratore Jacques Cousteau , confermano l'odio ecologista contro l'umanità.
Sotto le bandiere dell'ecologismo radicale militano inoltre diversi rampolli blasé di una nobiltà che, dimentica del suo passato di classe dirigente custode delle più gloriose tradizioni della civiltà classico-cristiana, si è gettata a capo fitto in varie attività zoofile e naturiste .
In questo quadro rientrano anche le tesi malthusiane promosse dai circoli ecologisti.

ECOLOGISMO ED ESTREMISMO DI SINISTRA

Storicamente fortissima è stata la penetrazione in area ecologista di ambienti contigui all'estrema sinistra extraparlamentare, passata con grande non chalance dal brandire il libretto rosso di Mao allo pseudo-pacifismo del '68, la cui generazione ravvisò nell'ambientalismo un nuovo manifesto comunista per la lotta di classe contro i nuovi padroni dell'industria e della tecnologia capitalista. E certamente sproloquiare di natura malata o di una società sull'orlo della catastrofe ambientale poteva attirare maggiori consensi ai reduci del '68 di quanto non fosse possibile lanciando le bottiglie molotov contro la polizia.
Ma tutti i tentativi di rendere più accettabile ai benpensanti l'ideologia ecologista si scontrarono, da un lato, con la determinante influenza esercitata sul movimento verde dagli attivisti dell'estrema sinistra, che causava la legittima diffidenza di molti moderati; dall'altro col continuo ricorso all'eco-catastrofismo, cioè alla sistematica prospettazione da parte degli ambientalisti di scenari apocalittici quanto al futuro del pianeta e dell'umanità, in odio di principio a qualsiasi ritrovato della tecnica. Conseguenza di questa opzione catastrofista era ed è la cultura del no propria dei circoli e delle organizzazioni ecologiste: no alla chimica, no all'industria, no allo stockaggio dei rifiuti urbani, no al nucleare, no alla libertà borghese di circolazione, con l'evidente corollario di applaudire a tutti i provvedimenti che inibiscono la circolazione del traffico privato, magari con la scusa delle (inutili, dal punto di vista della riduzione dell'inquinamento) domeniche ecologiche senz'auto.
Che l'infatuazione ambientalista di trent'anni or sono per l'estrema sinistra non fosse poi un caso lo dimostra, in tempi assai più vicini a noi, l'accasamento trovato presso il partito dei Verdi del sole che ride da parte dei collettivi dell'ultrasinistra e dei casseurs rappresentati dai cosiddetti Centri Sociali, d'infausta memoria, accasamento che ha diviso in sé persino la compagine dei Verdi domestici .
E veniamo ora ad alcuni cavalli di battaglia dell'ambientalismo, del quale costituiscono i principali miti.


I PRINCIPALI MITI AMBIENTALISTI

1. MUCCA PAZZA - La malattia della BSE (sigla inglese che sta per encefalopatia spongiforme bovina) ovvero il morbo della cosiddetta mucca pazza, ha inizio & dalle pecore. Vi è infatti una particolare forma di encefalopatia spongiforme che affligge una specifica razza inglese di ovini (pecore e capre), geneticamente predisposta, attaccandone il sistema nervoso e che induce nelle pecore prurito e le costringe a grattarsi (to scrape, in inglese) . Forme simili all'encefalopatia ovina possono manifestarsi anche nei visoni, nei cavalli, nei cervi e in animali esotici attraverso malattie proprie di ciascuna di queste specie.
Nelle carcasse delle pecore e nelle farine animali derivanti da ovini infetti da scrapie allignano i prioni, i quali sono sostanze che, se non trattate in modo adeguato, "pur essendo semplici proteine [&] hanno la sorprendente proprietà, di essere agenti infettivi" della BSE, malattia che aggredisce i bovini domestici, provocando loro alterazioni nervose e gravissimi danni cerebrali, che si manifestano attraverso frequenti tremori muscolari e digrignamento dei denti .
Il morbo della BSE presenta affinità, ma è tutt'altra cosa dal morbo di Creutzfeldt-Jacob (MCJ) che invece attacca l'uomo, sia pure con un'incidenza molto bassa: si registra infatti soltanto un caso ogni uno/due milioni di abitanti, con esiti che sono tuttavia fatali . Le modalità naturali di trasmissione del morbo sono sconosciute. Finora però nessuna connessione è stata mai provata fra le due distinte patologie, quella che attacca il bovino (BSE) e quella che attacca l'uomo (MCJ): possibilità che appare comunque remota, come ha dichiarato il professor Maurizio Pocchiari, del Laboratorio di Virologia dell'Istituto Superiore di Sanità, "in quanto difficilmente una malattia compie un salto di specie così ampio come quello tra il bovino e l'uomo" . Anche il collegamento tra morbo di Creutzfeldt-Jacob e scrapie, l'infezione degli ovini inglesi, appare ardua: infatti la percentuale di casi di encefalopatia umana in Paesi (come l'Australia, la Nuova Zelanda o l'Argentina) esenti da scrapie o in cui l'encefalopatia degli ovini è stata sradicata ed è ormai scomparsa, è la stessa del Regno Unito, dove lo scrapie è storicamente presente .
Ma come mai, se la malattia era conosciuta nelle pecore da molto tempo, non si erano mai registrati danni causati dal morbo nei bovini? Perché il trattamento delle carcasse degli ovini ammalati di scrapie e delle farine animali derivatene e utilizzate come integratori alimentari delle mucche, fino agli anni '70 avveniva con modalità rigorose (riduzione in polpa degli scarti, loro cottura sotto pressione fino a 130° e trattamento con diclorometano ) che, distruggendo il prione infettivo, eliminavano ogni pericolo. Va da sé che detto tipo di precauzione risultava particolarmente opportuna in Gran Bretagna, dove appunto era più facile l'insorgere del morbo fra determinate razze di ovini, maggiormente predisposti.
Ma gli ambientalisti dichiararono guerra al diclorometano, reo di distruggere l'ozono dell'atmosfera, allegando anche che su alcuni topi di laboratorio si sarebbe registrato un aumento dei casi di cancro proprio a causa del diclorometano: entrambi i dati sarebbero stati clamorosamente smentiti in seguito da più approfondite ricerche. Tuttavia "gli ambientalisti fecero tanto chiasso da indurre le imprese britanniche ad abbandonare il diclorometano e ad adottare un procedimento che, senza far uso di solventi, trattava a solo 80 gradi le carcasse e poi le pressava. Con quel procedimento il prione rimase inalterato e si trasmise così dal mangime alle vacche" . Alla luce di quanto detto appare semplicemente scandaloso che coloro (gli ecologisti) che sono tra i massimi responsabili dell'esplosione del morbo della BSE prima e della sindrome terroristica da mucca pazza poi, siano chiamati dalla classe dei giornalisti di sinistra (e della falsa destra) a catoneggiare, montando in cattedra per dispensare consigli non richiesti e sovente fuorvianti, ispirati dall'ansia d'imporre surrettiziamente all'Europa cristiana il vegetarianesimo degli induisti e dei buddisti, vegetarianesimo derivante da un'arretrata, quanto primitiva concezione filosofica e religiosa del culto della natura e di ogni essere vivente d'ispirazione panteista e animista. Responsabilità che gli ambientalisti condividono equanimemente con l'Unione Europea: la malattia della mucca pazza era nota agli esperti da anni ed era stata tenuta sotto controllo per diversi lustri, ma l'Unione Europea anche dopo il 1996 (anno in cui esplose per la prima volta la BSE) ha trascurato d'intervenire contro le farine animali inglesi inadeguatamente trattate, da un lato per non urtarsi contro gli eco-fanatici e dall'altro per non spiacere alle aziende produttrici d'oltremanica.
Un'ultima considerazione. L'utilizzo di scarti di macelleria, ricchi di proteine, per produrre mangime animale non ha nulla di scandaloso, checché ne dicano i Verdi: innanzitutto le farine animali, come anche l'erba medica, costituiscono soltanto un integratore alimentare (in una misura che va dall'1,5% al 2,5% soltanto) della dieta dei bovini da latte rispetto al cibo naturale rappresentato da fieno ed erba; non si tratta dunque affatto di trasformare degli erbivori in carnivori, come insinuato falsamente dagli ecologisti, tanto più che le mucche, ingeriscono naturalmente ogni giorno, nell'alimentazione da campo o comunque di origine vegetale, modiche quantità di organismi animali. Si tratta semmai di utilizzare come integratori farine animali igienicamente controllate e perciò immuni da prioni infettanti.
Rimane da opporsi all'allarmismo massmediatico ed ecologista volto a trasformare a forza gli europei del XXI secolo, grazie al panico ingiustificato da mucca pazza, in novelli santoni indù che rifiutano la carne di vacca (senza dire degl'islamici e degli ebrei osservanti, che già ricusano quella di maiale) allarmismo che ha gettato sul lastrico interi comparti produttivi come quello degli allevatori, delle aziende produttrici di mangimi o categorie come quella dei macellai. "Dal punto di vista nutrizionale non possono esistere dubbi sull'opportunità di mangiare carne", ha commentato Eugenio Del Toma, un'autorità nella scienza dell'alimentazione. "È un peccato che si discuta di alimentazione sulla base dell'emotività suscitata da casi come quello della "mucca pazza" [&]. Un'alimentazione vegetariana è tecnicamente possibile per un adulto, ma non è di certo la più efficiente. [&] Certamente è un peccato rinunciare ad un alimento come la carne che fornisce già tutti gli elementi necessari all'organismo. [&] Questo vale in modo particolare per i bambini e per le giovani donne" .

2. LA DEFORESTAZIONE - Per quanto riguarda la vegetazione, gli ecologisti sostengono da tempo che le foreste stanno sparendo, sia a causa degli agenti inquinanti sia per il continuo disboscamento provocato dall'uomo, accusato di distruggere ogni anno un'area di vegetazione (con particolare riferimento all'Amazzonia) pari alla superficie della Svizzera .
Se il dato fosse vero, si tratterebbe comunque sempre di meno dell'1% della foresta brasiliana. Peccato però che negli anni '70 in Brasile siano stati rimboschiti oltre 250mila ettari di territorio . È evidente che l'allarme circa il disboscamento del pianeta non tiene in nessun conto i piani di forestazione in atto. Infatti, secondo i dati di noti esperti come Lany e Clement, risulta che nelle regioni tropicali e subtropicali del Sudamerica, dell'Africa e dell'Asia, dal '70 al 1975 la vegetazione è cresciuta in cinque anni del 36% e crescerà ancora di tre volte entro il 2000 . Nel trentennio che va dal 1950 al 1980 la superficie forestale italiana è aumentata di circa il 13 %, passando da 5.625.000 ettari a 6.383.000 ettari . Questi dati non tengono conto degli incendi estivi, altrimenti l'aumento delle foreste sarebbe del 20%, né del fatto che il maggior ricambio di ossigeno del pianeta non proviene dalle foreste o comunque dalla vegetazione, sibbene dall'azione dei microrganismi marini degli oceani.

3. L'AUMENTO DELL'ANIDRIDE CARBONICA - Per quanto riguarda l'aumento dell'anidride carbonica, è stato dimostrato che le emissioni prodotte dall'uomo non costituiscono che una piccolissima percentuale a confronto con quelle naturali del pianeta. Ad esempio è stato provato che processi come le eruzioni vulcaniche e la decomposizione delle piante producono circa 200 miliardi di CO2 (anidride carbonica) ogni anno, mentre l'umanità attraverso i gas di scarico delle automobili, gl'impianti di produzione dell'energia elettrica e gl'incendi estivi, immette annualmente nell'atmosfera 7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica . Inoltre è notorio, e i moderni scienziati lo confermano, che l'aumento di anidride carbonica agevola i processi di fotosintesi clorofilliana, rendendo più rigogliosa la vegetazione di ogni tipo, anche in carenza d'acqua.

4. LA SOVRAPPOPOLAZIONE - Il dato più inquietante e che denota le collusioni dell'O.N.U. con le organizzazioni ambientaliste mondiali, nel nome della comune ideologia malthusiana, sono i finanziamenti a fiume elargiti dalle Nazioni Unite alle associazioni ambientaliste per la sterilizzazione e l'aborto di massa (eufemisticamente contrabbandato come pianificazione familiare) il che è del tutto comprensibile nel quadro della dottrina ecologista che vede nell'uomo la causa di tutti i mali del mondo.
Infatti gli ambientalisti, facendo proprie acriticamente le teorie di Malthus, affermano che gli uomini sulla terra sono troppi, mentre autorevoli studi hanno già smentito questa teoria. Se infatti in un Paese come l'Italia la densità demografica è più consistente e si aggira sulle 190 persone per km2, in un Paese come il Brasile crolla a sole 19 persone per km2. È bene rammentare tuttavia che nella stessa Europa si oscilla dai 380 abitanti per km2 dei Paesi Bassi alle sole 3 persone per km2 dell'Islanda e la densità media del Vecchio Continente è per km2 di sole 29 persone .
Addirittura, secondo i calcoli di Jacqueline Kasun, "se tutta la popolazione mondiale si trasferisse nel Texas (dove il numero degli abitanti è cresciuto dell'80% dal 1960 ad oggi) per ogni persona sarebbe disponibile uno spazio paragonabile a quello della tipica abitazione americana, mentre il resto del mondo rimarrebbe disabitato" .
Questo dato sarebbe già di suo estremamente significativo e capace di assestare un colpo mortale alle dottrine malthusiane; ma diviene ancora più interessante, se si considera che il fenomeno dell'urbanizzazione investe solo un'esigua fetta (meno dell'1%) del pianeta abitato e la terra abitata è a sua volta parte ben modesta dell'intero orbe terrestre . Inoltre un più sapiente sfruttamento intensivo e con tecniche agricole d'avanguardia permetterebbe di ottenere raccolti pari a quelli attuali, coltivando anche soltanto la metà delle terre attualmente disponibili. D'altra parte il Terzo Mondo, abbandonato a se stesso dall'infausta politica di decolonizzazione e di conseguente disimpegno europeo, è dilaniato da notevoli difficoltà politico-sociali, sanitarie e ambientali a fronte di una ormai acclarata incapacità di sfruttare le proprie risorse naturali e tanto meno di bonificare i relativi territori spesso lasciati incolti .
Per gli ecologisti è più facile raccogliere fondi per salvare il panda, il quale stando a diversi scienziati e nonostante le ripetute campagne in suo favore, non riuscirà probabilmente a preservarsi, che non per vaccinare gli abitanti di una regione dell'Africa. Infatti l'impegno ambientalista è mirato a ridurre gli abitanti (umani) del pianeta, attraverso le pratiche abortive, la sterilizzazione nei Paesi del Terzo Mondo, combattendo il ricorso alle tecnologie alimentari che garantirebbero ritmi di produzione elevati grazie alla coltivazione intensiva dei terreni. Gli ecologisti preferiscono invece un'agricoltura primitiva, di tipo estensivo, con il bue e l'aratro di legno ovvero un'agricoltura di tipo biologico, avversando i cibi transgenici non già per i presunti danni da essi cagionati, quanto per il fatto che sono più resistenti alle epidemie.

5. I CIBI TRANGENICI - Un manifesto sottoscritto dai soliti noti intellettuali di sinistra (Dario Fo, Umberto Eco, Dacia Maraini, Paolo Sylos Labini, Beppe Grillo e altri del mondo dello spettacolo) ha diffuso ingiustificati allarmismi contro le cosiddette biotecnologie e la stampa ha infiorettato i suoi articoli con pezzi ad effetti speciali che parlavano di gemelli clonati per trarne pezzi di ricambio, di uomini-maiali, addirittura di schiavi decerebrati e di selezione del gene della jella, mentre ha passato quasi sotto silenzio un manifesto, assolutamente favorevole ai cosiddetti cibi transgenici, firmato da 42 autorevoli scienziati e quindi dai maggiori esperti della materia .
Riguardo alle biotecnologie si può decisamente parlare di analfabetismo delle persone comuni, lasciate in balìa dei Verdi e di creatori di mostri . Ma le invenzioni biotecnologiche e i relativi brevetti da parte delle ditte specializzate cosa sono? Gli organismi geneticamente modificati sono batteri, piante o animali il cui patrimonio genetico è stato modificato, trasferendo un gene dal patrimonio di un organismo a quello di un altro organismo (le cosiddette biotecnologie) per ottenere caratteristiche che non si sarebbero sviluppate naturalmente . Da diversi anni e senza doglianze di sorta sono presenti sul mercato decine di prodotti terapeutici frutto di biotecnologie: l'insulina umana contro il diabete, i vaccini contro l'epatite B, contro la pertosse e contro l'influenza, l'ormone della crescita per contrastarne l'arresto ecc. In passato vi sono stati imponenti interventi sul DNA di determinate piante o animali, con incroci addirittura fra specie diverse inducenti un enorme rimescolamento di materiale genetico, ben diversi dagl'interventi mirati e riguardanti uno o pochi geni della moderna biotecnologia transgenica, eppure non è stato riscontrato alcun danno, anzi. Si prenda il caso del triticale, incrocio interspecifico di frumento (triticum) e segale (secale) realizzato alla fine del secolo scorso: questa nuova specie è oggi coltivata senza problemi in tutto il mondo; si pensi alla carne di mulo (che risulta incrociando l'asino con un cavallo) usata da secoli; già da diversi anni si produce un mais al quale è stato aggiunto un gene proveniente dal bacillus thuringiensis che, senza bisogno d'insetticidi, risulta letale per un parassita, la piralide, ma che non ha effetti su altri insetti, né sugli animali .
La biotecnologia potrà assicurare all'umanità grandi benefici: cibo più abbondante; vegetali più resistenti a erbicidi, parassiti e malattie e che quindi non necessiteranno di fitofarmaci; piante capaci di crescere su terreni poveri o in climi estremi o per un periodo dell'anno più lungo o di bonificare un campo inquinato, assorbendone i metalli pesanti , per poi essere a loro volta distrutte; batteri, piante o animali capaci di sintetizzare vaccini, plastiche, metalli, farmaci, componenti del sangue umano, oli, enzimi, sali ed ancora "cibi nutrizionalmente corretti e latte arricchito di vitamine" . Qualche esempio: inserendo un gene del mais nel riso, questo potrebbe resistere all'aggressione di un particolare fungo (chiamato brusone); iniettando nel pomodoro San Marzano i geni del virus che lo colpisce, il pomodoro verrebbe praticamente vaccinato; lo stesso accade inserendo nel DNA di una zucchina alcuni geni di due virus suoi antagonisti; incidendo sul patrimonio genetico delle fragole le si potrebbe rendere più resistenti al freddo; alberi capaci di fruttificare già pochi mesi dopo la nascita, essendo stati attivati da subito i geni che regolano la loro fioritura; le melanzane, i pioppi, le mele, i pomodori, le fragole e molte altre piante possono ricevere protezione, se trattate geneticamente col bacillus thuringiensis che secerne una proteina velenosa per insetti e larve.
Nel campo medico si potrà curare determinate malattie genetiche o degenerative, quali l'Alzheimer o il morbo di Parkinson, sostituendo il gene difettoso con uno "terapeutico", trasportato da un virus disattivato . In Canada sono state prodotte piante di tabacco e patata in cui è stata inserita la proteina GAD67 , capace di curare il diabete di tipo I (diabete mellito-insulino-dipendente): nutrite con queste piante, l'80% delle cavie, animali da laboratorio anch'essi geneticamente trattati e perciò fortemente tendenti al diabete, non ha sviluppato la malattia.
Cosa c'è poi di scandaloso, se chi ha brevettato il supermais o la supersoia, veda tutelata per un certo numero di anni la propria invenzione? Così ad esempio il brevetto biotecnologico per produrre frutta senza semi e senza fecondazione è tutto europeo e in buona misura italiano e presenta due enormi vantaggi per il coltivatore: avere frutta (ciliegie, melanzane, pomodori, meloni, uva, prugne, lamponi e melograni) tutta polpa e senza semi e noccioli e far riprodurre le piante in tutte le stagioni . Poiché le piante fecondate in modo naturale possono essere diverse e perciò non ottimali come i "genitori", l'industria che seleziona una pianta ad alta resa è ovvio che la cloni, anziché farla riprodurre normalmente. Una prossima conquista in tal senso sarà quella di produrre piante transgeniche capaci di generare semi senza essere fecondate, piante che, clonate, genererebbero copie perfette.
Anche l'obiezione social-comunista o terzomondista che queste tecniche vincolerebbero gli agricoltori agl'interessi delle multinazionali, per il fatto che non è possibile riseminare i semi ottenuti o per il fatto che comunque i prodotti ibridati (dopo il primo utilizzo) non garantiscono più lo stesso rendimento, non appare fondata. "Per i mais ibridi la medesima situazione si verifica da circa 40-50 anni ed inoltre prodotti biotecnologici possono essere ottenuti da enti di ricerca pubblici che certamente non hanno intenzioni vessatorie ".
Del resto, valutando la questione sotto un profilo etico, il pensiero della Chiesa Cattolica, pur nell'attuale crisi cagionata dal Concilio Vaticano II, è sostanzialmente favorevole alle biotecnologie, purché utili all'uomo, mentre sono ovviamente immorali gli esperimenti che intervengano eugeneticamente sulla discendenza umana. La biotecnologia infatti altro non è che una moderna forma di "domesticazione delle piante e degli animali" nella quale l'ingegno umano collabora con l'Autore della vita e tanto basta a spiegare l'avversione preconcetta e radicale del primitivismo verde.

6. L'INQUINAMENTO - A dispetto dell'eco-catastrofismo imperversante nel recente passato, che postulava la fine immediata delle risorse naturali della terra e che col pretesto di economizzarle, avversava il progresso industriale e tecnologico, negli ultimi anni si sono affermate alcune correnti scientifiche, dette di eco-ottimisti che riconoscono all'uomo di essere stato capace, dal tempo della rivoluzione industriale ai nostri giorni, di aver tanto migliorato sia qualitativamente che quantitativamente, la capacità di sfruttare le risorse naturali del pianeta, sia reperendo nuovi giacimenti, sia ottenendo molta più materia prima da medesimi quantitativi di prodotto grezzo: ad esempio ad oggi, il consumo pro capite di legno, cotone, metalli comuni, calce, ammoniaca, minerali, potassio, gomma e plastica, sta diminuendo costantemente da circa un decennio . Ora questi materiali sono disponibili in grandi quantità ed a basso prezzo, grazie a produzioni sintetiche e artificiali; ciò vale ancor più per i carburanti e propellenti del futuro come metano e idrogeno, i quali sono sostanze chimicamente non inquinanti e praticamente inesauribili (nel caso dell'idrogeno).
Invece tutto lo sforzo del verdismo internazionale e nostrano si appunta nel favorire o meglio imporre, con il compiacente battage della stampa, la benzina verde al posto della super, per non dire delle recentissime campagne del ministero per l'ecologia, diretto dal verde Edo Ronchi, per la chiusura dei centri storici delle città. Il paradosso della benzina verde è che risulta molto più inquinante del piombo contenuto nella super: infatti i metalli pesanti come il piombo della super vengono assorbiti dal suolo, mentre gli atomi del benzene restano sospesi nell'aria e assunti per inalazione dai cittadini (come per l'aerosol) . Quanto poi al blocco dei centri storici al traffico privato favorito dalla sinistra anche con incentivi economici, è stato riscontrato che serve a poco nulla, in base ai rilevamenti delle centraline anti-smog, che mostrano una diminuzione delle sostanze inquinanti non superiore al 2%, senza dire che queste sostanze, nelle ore di blocco, si concentrano tutte nelle aree periferiche urbane, intasandole .
Altra conseguenza delle sconsiderate campagne ecologiste è il bando dell'ONU alla produzione di DDT, in favore dell'assai più costoso piretro, grazie alle pressioni delle lobbies ambientalista e dei governi occidentali. L'abolizione del DDT infatti è contrastata dai Paesi del terzo mondo, alle prese con la recrudescenza della malaria, con un picco dal '97 al '99 di + 500% in Sudafrica e Mozambico, malaria che falcia due milioni di vite umane ogni anno (nell'Africa subsahariana soprattutto, ma anche in Amazzonia, nel Sud-Est asiatico e in Oceania). Infatti "il DDT è la sostanza più economica e più efficace per eliminare le zanzare anofele che trasmettono i parassiti [&] che causano la malaria ", considerato altresì che l'opposizione verde alle biotecnologie ha finora impedito o rallentato l'apprestamento di un vaccino creato geneticamente.

7. L'AUMENTO DELLA TEMPERATURA E L'EFFETTO SERRA. Narra la favola ecologista che i clorofluorocarburi (CFC) di produzione industriale e presenti fino a non molto tempo or sono nelle bombolette spray, siano tra gli elementi che maggiormente concorrono ad elevare la temperatura terrestre e a causare il cosiddetto buco dell'ozono. Stando invece alle ricerche, non solo si è scoperto che il CFC è del tutto ininfluente, ma addirittura che un suo derivato, l'acido nitrico, è stato collocato tra i gas refrigeranti .
In realtà le teorie riguardanti gli effetti dell'aumento del CFC e dell'anidride carbonica nell'atmosfera sono sempre state oscillanti, influenzate dalla circostanza che gl'inverni del decennio 1970-80 furono molto rigidi (e dunque si disse che il CFC e l'anidride carbonica fossero refrigeranti), mentre quando i successivi inverni si palesarono più miti, le teorie furono rovesciate o adeguate alla nuova realtà e si disse allora che il CFC e l'anidride carbonica erano responsabili dell'innalzamento delle temperature. Infatti le grandi multinazionali hanno sempre sostenuto la necessità di eliminare il CFC per garantirsi vantaggi economici nei riguardi dei Paesi poco sviluppati, trattandosi di un gas a basso costo e di facile produzione la cui messa al bando dal commercio mondiale, avrebbe liquidato la concorrenza del Terzo Mondo a vantaggio delle aziende tecnologicamente più agguerrite del Primo e del Secondo mondo. Inoltre ciò che nessuno ricorda è che la terra riesce ad assorbire perfino le enormi quantità di gas tossici emessi specialmente dalle eruzioni vulcaniche, emissioni di gran lunga superiori a quelle di origine umana.
Nel dicembre del 1997 si tenne a Kyoto, in Giappone, la conferenza mondiale sul mutamento climatico, con dibattiti e accordi internazionali per la riduzione di sostanze di origine industriale, responsabili secondo i convegnisti, di provocare il cosiddetto effetto serra. Principale imputata tra le sostanze inquinanti era la CO2. L'obiettivo di Kyoto era quello di determinare la conclusione di accordi politico-industriali finalizzati a ridurre del 15% i cosiddetti gas serra, dopo il fallimento del summit di Rio de Janeiro del 1992. Alla fine delle trattative si addivenne ad un protocollo d'intesa che impegnava 38 Paesi a ridurre le emissioni ritenute responsabili dell'ipotetico effetto serra come: anidride carbonica, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi ed esafluoruro, insieme naturalmente al CFC, il cui ridimensionamento era già stato previsto nel corso di conferenze precedenti. Grazie all'accordo di Kyoto, tenuto presente nel frattempo l'intervenuto aumento di produzione industriale da parte dei Paesi in via di sviluppo, entro il 2010 il rilascio in atmosfera di anidride carbonica aumenterà del 30% anziché del 45% .
A Kyoto la delegazione italiana, guidata dal ministro verde Edo Ronchi, diede bella prova di sé, presentando un documento di netto tenore catastrofista, che prefigurava per i prossimi trent'anni scenari totalmente apocalittici per la penisola italiana: siccità, spiagge e lagune sommerse dai mari . Nel documento Ronchi si parlava infatti di 1.150 km2 (il 10,2 %) della pianura padana, sommerso dalle acque dell'Adriatico; fino a 250 km2 di terre inabissate nelle regioni del centro Italia e fino a 2.850 km2 (l'11% del territorio) in quelle del Meridione. La Sardegna sarebbe stata sommersa invece fino a 300 km2 (pari al 5,6 %) del territorio.
Ad onor del vero si deve dire che Edo Ronchi e il verdismo apocalittico nostrano si trovano in buona compagnia: in effetti il miliardario Al Gore, oggi vicepresidente degli Stati Uniti e ora in predicato di ottenere la nomination democratica alla Presidenza degli USA, già diversi anni fa mostrava di considerare quella del buco dell'ozono come "la più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato" e in un suo testo del 1992 aveva scritto testualmente che questo fenomeno avrebbe già provocato "la cecità di conigli e pesci" .
Ma vediamo ora cosa dicono gli scienziati: a dichiarare che l'effetto serra è un mito, ad esempio, sono stati Arthur e Zachary Robinson, specialisti in chimica dell'Istituto di Scienza e Medicina dell'Oregon . In base ai loro dati, dai grafici delle variazioni della temperatura risulta che queste sono direttamente collegate ai cicli solari e all'influenza che questi hanno sul nostro pianeta; la più alta temperatura misurata nell'atmosfera si è avuta nel 1940, mentre negli ultimi 20 anni la temperatura è andata sempre più abbassandosi, come non mancano di rilevare i satelliti e i palloni aerostatici. Ma non finisce qui: sul Journal of Geophysical Research (n. 94/1992) R. Baling e S. Idso hanno pubblicato uno studio da cui risulta che nel periodo dal 1920 al 1990 la temperatura negli Stati Uniti è diminuita di 0,15°C. I due studiosi hanno selezionato i dati di 961 stazioni di misurazione in zone rurali (evitando quelle urbane) ed hanno così evidenziato come i dati odierni siano viziati da misurazioni effettuate nelle aree urbane, dove le temperature appaiono più elevate a causa della presenza dell'asfalto e dell'agglomerato edilizio, che trattengono notevolmente l'energia termica, trasformando le città in vere e proprie isole di calore. "Dobbiamo essere molto attenti", hanno dichiarato, "quando ascoltiamo persone che dicono di aver misurato l'aumento della temperatura, perché è molto probabile che loro abbiano preso in considerazione solo l'aumento della temperatura in ambito urbano" .
Da uno studio della Nasa pubblicato su Science e realizzato con l'ausilio di moderni sensori applicati ai satelliti, risulta che dal 1979 al 1990 non c'è stata nessuna variazione di temperatura e dati più recenti dimostrano ancora che non esiste un aumento di temperatura sulla terra. In realtà all'aumento delle emissioni di CO2 nell'atmosfera non è affatto correlato un proporzionale aumento della temperatura: così dall'inizio della rivoluzione industriale ad oggi, a fronte di un'emissione di CO2 cresciuta del 50%, l'aumento della temperatura avrebbe dovuto essere di 3-5°C cosa che non è stata, visto che le fluttuazioni termiche nella prima metà del secolo appena spirato sono state di circa 0,5°C e assai meno dal 1940 in poi, mandando all'aria i modelli di calcolo e le rovinose previsioni degli ecocatastrofisti .
Una simpatica confutazione della bufala dell'effetto serra è stata fatta da Franco Battaglia dalle colonne di un diffuso quotidiano . Tra i gas immessi nell'atmosfera dall'uomo, scrive Battaglia, certamente il principale è l'anidride carbonica. Orbene le immissioni provocate dall'uomo non sono che una frazione piccolissima, qualcosa come cento o mille volte inferiore alle immissioni di origine naturale: considerando soltanto l'enorme numero d'insetti che sono al mondo - argomenta Battaglia - la massa di questi, pari a cento volte quella di tutti gli esseri umani, rilascia nell'atmosfera qualcosa come cento miliardi al giorno di tonnellate di anidride carbonica, a fronte dei due miliardi prodotti in quello stesso giorno da tutti gli esseri umani del pianeta, ipoteticamente messisi a guidare l'automobile fino a bruciare cento litri di carburante a testa. E "in questo calcolo non è stata considerata tutta la fauna. Né è stata considerata l'anidride carbonica immessa nell'atmosfera a causa della decomposizione della materia organica. Inoltre in questo calcolo "da bar" è stato assunto che ogni uomo non ha niente di meglio da fare che guidare ogni giorno, per tutto il giorno, un'automobile".

8. NUCLEARE? SÌ, GRAZIE - "L'uscita dal nucleare è costata all'Italia 120mila miliardi di lire, lo smantellamento di un settore industriale che dava lavoro a circa 20mila addetti [&] l'aumento della dipendenza dall'estero e il costo del chilovattore più alto d'Europa. I soli a trarre vantaggio da questo stato di cose sono stati coloro che avevano interessi nel settore del petrolio e del gas. E nel frattempo i movimenti ambientalisti nostrani intrattenevano con l'ENI e con la SNAM rapporti che definire idilliaci è poco. [Esiste dunque] una commistione d'interessi in tutto il mondo fra il trust degli idrocarburi e i movimenti ambientalisti ".
Nel sistema energetico planetario l'energia elettronucleare rappresenta tutt'oggi una quota di grande rilievo (17%, che sale al 25% nei Paesi industrializzati e al 35% nei Paesi dell'Unione Europea) nonché l'unica reale fonte alternativa rispetto al petrolio per la produzione di energia elettrica . Addirittura l'elettronucleare copre il 40% della produzione di elettricità in Svizzera, il 46% in Svezia, il 49% in Slovenia e addirittura il 76% in Francia . Insomma "nei Paesi industriali avanzati il nucleare è ormai la principale fonte di produzione elettrica ".
E l'Italia? Dopo il referendum del 1987 contro il nucleare, sull'onda emotiva dei fatti de Chernobyl dell'anno prima e del battage ambientalista, l'Italia, unico Paese al mondo, ha fermato le sue centrali nucleari ed ora è costretta ad importare il 18% del suo fabbisogno elettrico dalla Francia, dalla Svizzera e dall'Austria. Un chilovattore prodotto in Francia costa 7 lire, ma l'ENEL lo paga 70 lire. E pensare che nei primi anni sessanta l'Italia era al terzo posto nel mondo nella produzione di energia nucleare, subito dopo Stati Uniti e Gran Bretagna. Né la Svezia, né la Germania (dove pure i Verdi sono al governo e hanno più volte puntato i piedi contro le centrali elettriche atomiche) hanno mai dato corso alla progettata fuoriuscita dal nucleare; perfino all'indomani di Chernobyl la produzione di energia elettrica da fonte nucleare nel mondo è cresciuta del 40%.
Dopo la stretta petrolifera imposta dai Paesi produttori dell'OPEC nel 1974, tutti i Paesi industrializzati cercarono di affrancarsi dalla dipendenza dal petrolio (e dal gas algerino); l'Italia invece l'ha aumentata, con conseguenze catastrofiche, sia sotto il profilo economico, sia ancora di più sotto il profilo politico e che concorrono a spiegare l'estrema arrendevolezza di certa nostra classe politica verso il mondo musulmano e la sua dissennata politica terzomondista e degl'ingressi facili in tema d'immigrazione. Anche di questo bisogna ben ringraziare l'ideologia verde. In effetti l'autonomia energetica italiana è passata negli ultimi trent'anni dal 70% a meno del 20% odierno . Il problema si ripropone in termini drammatici in questi ultimi mesi, nel corso dei quali si sono registrati continui aumenti nel prezzo degl'idrocarburi . Senza considerare che "per i prossimi 20 anni si prevede un aumento del fabbisogno energetico complessivo del 40-50% e un aumento anche maggiore del fabbisogno elettrico" . Il 18 dicembre 1987 il Parlamento aveva previsto cinque anni soltanto di moratoria per la costruzione di nuove centrali nucleari, invece ne sono trascorsi 13. Anche sotto il profilo economico l'energia nucleare conviene. Certo in fase di costruzione (che richiede 5-6 anni) le centrali nucleari costano più di quelle termoelettriche, richiedendo maggiori investimenti, ma se lasciate funzionare regolarmente, recuperano il capitale iniziale impiegato, richiedono minori spese di funzionamento, consumano un combustibile a basso costo e perciò il chilovattore prodotto con l'energia atomica ha un costo sensibilmente più basso, considerato che la vita media di una centrale elettronucleare è di 30-40 anni .
Ma il nucleare quanto inquina? In condizioni di normale funzionamento, da una centrale nucleare non esce niente. I rifiuti di un impianto nucleare sono circa 100 tonnellate all'anno, tutte gestibili (bastano quattro autocarri per trasportarle) e di gran lunga inferiori per dimensioni alle scorie prodotte da impianti elettrotermici . Delle scorie radioattive prodotte il 90% è a bassa radioattività, il 7% a media radioattività e solo un 3% circa ad alta radioattività, cioè a lunga vita. "Le scorie radioattive vengono conservate sotto rigido controllo nella centrale che le ha prodotte per un periodo di tempo tale che il grosso della radioattività sia decaduto; dopo un anno essa si è ridotta a poco più di un decimo. Poi per le frazioni a bassa e media attività, opportunamente incapsulate, sono previsti dei luoghi di confinamento [&] mentre per le frazioni a lunghissima vita media la soluzione [&] è la vetrificazione, lo stoccaggio in involucri stagni e il deposito in strutture geologicamente stabili ". L'energia nucleare ha il grande vantaggio di non causare emissioni di gas inquinanti (ossidi di zolfo, ossidi di azoto, monossido di carbonio ecc.). L'uranio poi "è un elemento abbondante e presente un po' ovunque sulla Terra [&] Inoltre la fertilizzazione degli elementi fertili U238 e Th232 [&] perseguita nei nuovi reattori, rendono la prospettiva della fonte nucleare praticamente inesauribile a livello storico. La messa a punto di reattori autofertilizzanti di fatto risolverebbe definitivamente e in modo compatibile con l'ambiente il problema dell'energia elettrica. Le ingenti riserve di plutonio immagazzinate nelle testate delle bombe nucleari da smantellare costituiscono un'ulteriore importante riserva di combustibile per i reattori nucleari ".
Sotto il profilo della sicurezza, la storia degl'incidenti nucleari , se guardata senza isterismi, dimostra che le conseguenze degl'incidenti nelle centrali atomiche non sono neppure lontanamente paragonabili a quanto purtroppo si verifica ogni giorno in altri settori industriali ed energetici. Ben 442 reattori nucleari funzionano ogni giorno nel mondo in condizioni soddisfacenti e sicure.

9. L'INQUINAMENTO ELETTRICO O ELETTROSMOG - Che i campi elettromagnetici costituiscano un reale pericolo per la salute delle persone che si trovano nei loro paraggi non è mai stato dimostrato. I Verdi, in perenne lotta regressista contro tutti i ritrovati della scienza e della tecnica, cercano ad ogni costo di accreditare anche su questo la loro opinione e la magistratura più di sinistra, compiacente, sembra seguirli su questa strada . Ma in realtà come stanno veramente le cose, dal punto di vista scientifico?
Per stabilire un nesso eziologico fra l'insorgenza di una patologia e le cause che l'hanno determinata vi sono dei precisi criteri scientifici che sono stati canonizzati nel 1965 da un celebre epidemiologo, Sir Austin Bradford Hill, il quale afferma: "La prima condizione è che l'esposizione al fattore di rischio e l'insorgenza della patologia sia forte" . Hill fa il paragone col fumo di sigaretta individuato quale causa del cancro polmonare, ricordando che il fumatore ha 10 volte più probabilità del non fumatore, di contrarre il cancro, mentre nel caso dei campi elettromagnetici, la percentuale massima di rischio arriva a mala pena a 2,5 ma di solito è assai più bassa.
In seconda battuta, a proposito del cosiddetto elettrosmog, manca anche un altro criterio eziologico fondamentale dal punto di vista scientifico e cioè che studi diversi pervengano allo stesso risultato nell'individuare come effetto una determinata patologia; inoltre "all'esposizione al fattore di rischio deve corrispondere una patologia specifica [come ad esempio lo] stesso tipo di tumore". Dev'essere inoltre presa in considerazione anche la relazione dose-effetto, che però nel caso dell'esposizione ai campi elettromagnetici non è mai stato possibile verificare, né in laboratorio, né su basi statistiche. E ancora la causa dev'essere così forte da escluderne ogni altra: ad esempio, nel caso del tumore polmonare, il fumo supera largamente ogni altro fattore causale capace di generare confusione dal punto di vista eziologico, come ad esempio l'alcool. La conclusione di Hill è perentoria: "da quanto detto finora è evidente che gli studi condotti fino ad oggi sulla cancerogenità dei campi elettromagnetici non soddisfano molti dei criteri che vengono richiesti alle indagini epidemiologiche" e proprio sulla base di questa letteratura scientifica i comitati governativi hanno escluso ogni relazione fra campi elettromagnetici e insorgenza tumorale. Nel 1995 in effetti un documento dell'Istituto Superiore di Sanità recepiva i criteri di analisi di Hill. E nello stesso anno l'American Physical Society (APS) concludeva in suo comunicato che "la letteratura scientifica e i rapporti di altri comitati dimostrano che non c'è nessun legame significativo tra il cancro e i campi magnetici" .
A conferma di ciò è intervenuta di recente l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) secondo la quale non ci sono prove che dimostrino un qualche pericolo per la salute umana provocato dall'esposizione ad onde elettromagnetiche. "Elettrodotti, elettrodomestici, schermi dei computer, impianti ed antenne di telecomunicazione e radiodiffusione, telefonini e le loro centrali-base sono così assolti. Dagli studi svolti dall'OMS non è infatti emerso alcun fondamento scientifico che confermi la nocività del cosiddetto "elettrosmog" ".
E i telefonini fanno male? Ad avviso del professor Sergio Tiberti, direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell'Università dell'Aquila, a fronte di 20 anni di studi sull'energia elettrica (che hanno dimostrato quanto ingiustificati siano certi allarmismi artatamente diffusi) "per quanto riguarda la telefonia mobile abbiamo a disposizione solo 5 o 6 anni di studi, che comunque sono rassicuranti e pacati. L'unico effetto evidente è quello termico. Ricercatori giapponesi hanno dimostrato, infatti, che durante una conversazione telefonica media l'aumento della temperatura della zona intorno all'orecchio è di circa 0, 18 gradi. Ma si tratta di valori irrisori. Una semplice corsa, può aumentare di due o tre gradi la temperatura di tutto il corpo (e quindi anche dell'orecchio) eppure nessuno ha mai pensato che sia pericoloso per la salute ".
Per quanto riguarda invece gli effetti sulla salute delle radiazioni dei telefonini e delle antenne radiobase e radiotelevisive, l'Unione Europea ha stabilito con raccomandazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Europea del 31 luglio 1999 il limite di 40 volt per metro per i GSM a 900 megahertz e 50 volt per metro per i 1.800 megahertz (a seconda appunto che le antenne per la telefonia cellulare funzionino a 900 o a 1.800 megahertz). A tali frequenze corrispondono lunghezze d'onda di 0,333 metri e di 0,1666 metri, il che vuol dire che ad alcuni metri di distanza la sorgente è già lontana. In Italia, invece, per timore di un verdismo tutto ideologico, si è stabilito che "l'esposizione ai campi a radiofrequenza dei cellulari non sia superiore a un campo elettrico di 6 volt al metro", cioè addirittura cinque volte inferiori; nel caso di luoghi in cui è prevista una permanenza della popolazione superiore alle 4 ore, i livelli di esposizione previsti dalla normativa italiana sono addirittura da 20 a 100 volte inferiori a quelli richiesti in Europa ; stesso discorso per quanto riguarda le emissioni a bassa frequenza dei tralicci, per le quali, mentre per l'Unione Europea il limite è di 100 microtesla , per l'Italia la soglia è abbassata a 0,2 microtesla, dunque 50 volte inferiore .
In realtà "la fobia per le antenne è del tutto ingiustificata, prima di tutto perché questi dispositivi sono a bassa potenza e sempre distanti dalla gente, sopra i tetti delle case. Le persone che stanno sotto il tetto poi, non subiscono alcuna influenza in quanto sotto l'antenna non c'è campo. Inoltre per essere esposti a emissioni più intense bisognerebbe trovarsi in un'area distante meno di 4 metri dall'antenna e nel cono di direzione dell'emissione, che di solito si trova ad almeno 6 metri dal terreno. [&] Nei campi creati da antenne inoltre viviamo immersi da anni ". Per dare un'idea dell'entità delle frottole ecologiste su questa materia si pensi che un semplice rasoio elettrico è tra gli elettrodomestici quello a più elevata emissione (713 microtesla), seguito dall'asciugacapelli (150 microtesla): barbieri e parrucchieri, esposti tutti i giorni anche per 8 ore continuative a queste emissioni però non sono considerati una categoria a rischio, né accusano malattie professionali sospette. Anche i macchinisti dei treni, che pure vivono costantemente immersi nel campo elettrico sovrastante la locomotrice, non presentano patologie professionali in base alle indagini mediche realizzate su di loro. Perché dunque dovrebbero essere pericolosi i 5 microtesla che un traliccio ad alta tensione emette a distanza dei 27 metri regolamentari ?
Da uno studio condotto in Canada dall'epidemiologa Mary Mc Bride, in cinque province canadesi tra il 1990 e il 1995 "per l'individuazione di una possibile associazione tra leucemia infantile ed esposizione a campi magnetici ed elettrici a frequenza di rete, [con misurazioni] su soggetti rappresentanti ogni attività e postazione lavorativa, [non si è riscontrata] alcuna relazione con il rischio di leucemia o di leucemia linfatica acuta ". In buona sostanza "i campi elettromagnetici sono pericolosi per la salute quanto il caffè e la cioccolata" .



Marco Olivieri





IL RAZZISMO VERDE

L'ideologia ecologista si può riassumere nell'avversione contro ogni superiorità o dominio dell'uomo sulla natura; postula dunque una concezione radicalmente egualitaria tra uomo, animali, vegetali e mondo inanimato la quale affonda le sue radici nell'anarchismo . Così l'animalismo afferma l'eguaglianza uomo-animali, in quanto sono tutti esseri senzienti, disconoscendo la facoltà spirituale dell'anima razionale, la quale è propria solo dell'uomo e chi si oppone a questa falsa eguaglianza, è uno specista, variante animalista del razzismo, commette cioè una bieca discriminazione a danno delle bestie . L'animalismo giunge alla follia di sostenere l'esistenza di animali-persone da un lato e di uomini che persone non sono dall'altro e che un neonato, ancora incosciente, ha "meno valore della vita di un maiale, un cane o uno scimpanzé ", ammettendo per conseguenza la liceità dell'aborto e dell'infanticidio. Ha ragione da vendere dunque de Mattei quando sostiene che l'obiettivo degli animalisti non è quello di elevare la bestia al rango dell'uomo, ma quello di abbassare l'uomo al livello delle bestie; di più, di avvilire l'uomo, in odio alla gerarchia stabilita da Dio nel creato, al di sotto degli esseri bruti: "Gli animalisti vorrebbero imporre il vegetarianismo come un dovere morale. Ma perché l'uomo non deve cibarsi di animali, quando alla maggior parte degli animali è lecito nutrirsi dei loro simili?" Il vegetalismo addirittura attribuisce diritti anche ai vegetali , i quali, privi del sistema nervoso, non sono neppure macchine senzienti al pari degli animali. Tuttavia "la logica egualitaria vuole che, dopo aver abbandonato l'antropocentrismo, non ci si arresti ad una visione zoocentrica, ma si passi ad una visione biocentrica che comprenda ogni forma di vivente evitando qualsiasi discriminazione".
Bene
00mercoledì 11 luglio 2007 19:57
Quante ce ne vogliono far bere sti ambientalisti! [SM=g8118]
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 17:58.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com