Per chiudere l'Anno della Fede il 24 novembre vengono esposte per la prima volta le ossa ritrovate dalla professoressa Guarducci durante gli scavi sotto l'altare della Basilica vaticana
ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO
Nelle celebrazioni che concludono l'Anno della Fede, il prossimo 24 novembre «un ultimo segno culminante consisterà nell'esposizione per la prima volta delle reliquie che la tradizione riconosce come quelle dell'apostolo che qui ha dato la sua vita per il Signore». Con queste parole l'arcivescovo Rino Fisichella, Presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, ha annunciato un evento che non si era mai verificato e che riconosce quei resti attribuendoli al pescatore di Cafarnao martirizzato a Roma, secondo la tradizione, nell'anno 67 dell'era cristiana.
Era il 26 giugno 1968 quando Papa Paolo VI, durante l'udienza generale, diede l'annuncio del ritrovamento delle ossa di san Pietro: «Nuove indagini pazientissime e accuratissime furono in seguito eseguite con risultato che noi, confortati dal giudizio di valenti e prudenti persone competenti, crediamo positivo: anche le reliquie di San Pietro sono state identificate in modo che possiamo ritenere convincente». Gli scavi sotto la basilica vaticana erano iniziati nel 1939, finanziati personalmente da Pio XII. Fino a quel momento nessuno aveva osato verificare che cosa vi fosse sotto la basilica di San Pietro a sua volta costruita sulla basilica costantiniana.
Nel 1950, durante l'Anno Santo, Papa Pacelli annunciò che era stata individuata la tomba dell'apostolo. Appariva dunque corrispondente al vero quanto affermato durante il pontificato di papa Zefirino (199-217) dal prete romano Gaio, il quale, rivolgendosi a Proclo, seguace dell’eresia montanista, aveva scritto: «Se vorrai venire in Vaticano e sulla via Ostiense, potrai vedere i trofei (cioè le tombe, ndr.) di coloro, che hanno fondato questa Chiesa», vale a dire di Pietro e Paolo.
Le ricerche, continuate dall’archeologa Margherita Guarducci, avevano portato al ritrovamento di un’edicola funeraria appoggiata a un muro contemporaneo, risalente circa all’anno 150, prezioso per i numerosi graffiti sovrapposti, che la studiosa aveva decifrato. Tutti contenevano invocazioni a Pietro al quale sono uniti talvolta i nomi di Cristo e di Maria. Fondamentale è uno di questi graffiti, risalente al 160, nel quale si legge in greco la scritta «Petros enì», «Pietro è qui dentro».
La professoressa Guarducci aveva ritrova in una cassetta, nei locali delle Grotte vaticane, le ossa che erano state raccolte nel loculo vicino ai graffiti. Le ossa, dopo essere state analizzate, risultarono appartenenti a un solo uomo, di corporatura robusta, morto in età avanzata. Erano incrostate di terra e mostravano di essere state avvolte in un panno di lana colorato di porpora e intessuto d’oro, una sepoltura particolarmente preziosa. Rappresentano frammenti di tutte le ossa del corpo a esclusione di quelle dei piedi.
La tomba di Pietro, inizialmente poverissima (era morto crocifisso, come un empio, ed era stato inumato presumibilmente in modo anonimo) è inserita in una necropoli romana interrata da Costantino e in parte riportata alla luce dopo sedici secoli, durante gli scavi voluti da Pio XII. Prenotando per tempo - inviando un messaggio ascavi@fsp.va, o per fax +39 06 69873017, o di persona all'Ufficio Scavi (ingresso a sinistra del colonnato berniniano) - è possibile visitare in piccoli gruppi la necropoli con un affascinante viaggio sotterraneo che culmina nel luogo in cui sono tutt'oggi deposte, in teche di plexiglass, le ossa di Pietro.
Qui è invece possibile effettuare un viaggio virtuale nella necropolivaticana.
Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)