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Tuttavia, per il rispetto che nutrono per chi ha dato loro una posizione, non pensano affatto a queste cose, ma rispettano le decisioni del re, chiunque sia colui al quale ha affidato il governo. Per gli ordinamenti umani vi è tanto timore riverenziale; ma quando si tratta di ordinamenti stabiliti da Dio, disprezziamo il suo ministro, lo insultiamo, lo ricopriamo di ingiurie, e, mentre ci viene proibito di giudicare i nostri fratelli, aguzziamo la nostra lingua per dir male dei sacerdoti. E quale perdono ci meriteremo se noi, non vedendo la trave nel nostro occhio, notiamo spietatamente la pagliuzza in quello altrui24? Non sai dunque che prepari per te una condanna ben più grave, quando giudichi gli altri in questo modo? Dico tutto questo, è ovvio, non perché approvo quei sacerdoti che si comportano in maniera indegna nel loro ministero, anzi li deploro e li compiango molto; non per questo tuttavia essi debbono essere giudicati dai fedeli ad essi affidati, soprattutto da quelli rozzi e ignoranti. Anche se la loro vita merita biasimo, tu non subisci alcun danno, se dai loro ascolto in quelle cose che sono state loro affidate da Dio. Se infatti Dio fece sentire la sua voce per mezzo di un'asina, se donò le sue benedizioni spirituali attraverso un indovino; se si servì della bocca di un animale e dell'impura lingua di Balaam per convertire i giudei che avevano peccato, a maggior ragione compirà la sua opera nell'interesse di voi che rettamente vivete, anche se i sacerdoti fossero dei grandi peccatori, e vi manderà lo Spirito Santo. L'anima pura non attira infatti lo Spirito a cagione della propria purezza: è la grazia che compie ogni cosa. « Tutto — dice l'Apostolo — è per voi, sia Paolo, sia Apollo, sia Cefa »25. Qualunque cosa affidata al sacerdote è soltanto dono di Dio, e quali che siano i progressi compiuti dall'umana filosofìa, saranno sempre inferiori alla grazia. Dico questo non perché conduciamo una vita accidiosa, ma perché voi, vedendo che qualche sacerdote preposto alla cura delle vostre anime si comporta con negligenza, non cerchiate di fargli del male. Ma perché parlo dei sacerdoti? Neppure un angelo, neppure un arcangelo può fare qualcosa di sua iniziativa per quanto riguarda le grazie dateci da Dio, ma solo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo le dispensano.
24 Cf. Mt. 7, 3; Lc. 6, 41. 25 1 Cor. 3, 22. __________________________________________________
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Il sacerdote presta la sua lingua e porge la sua mano come semplice strumento. Non sarebbe stato dunque giusto che coloro che hanno abbracciato la fede venissero danneggiati nei simboli della nostra salvezza a causa della condotta peccaminosa di altri. Considerato tutto ciò, temiamo Dio e veneriamo i suoi sacerdoti, rendiamo ad essi ogni onore, se vogliamo ricevere da Dio la ricompensa per le nostre opere e per il rispetto che ad essi avremo manifestato, per la grazia e la bontà del nostro Signore Gesù Cristo, cui sia gloria, regno ed onore, insieme con il Padre e con lo Spirito Santo, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Cosi sia. __________________________________________________
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Discorso ottantasettesimo
Ma Tommaso, uno dei dodici, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli altri discepoli gli dicevano: « Abbiamo visto il Signore! ». Ma egli disse loro: «Se non vedo, non ci crederò mai », ecc. 1.
1. - Come il credere senz'altro con semplicità è segno di buon carattere, cosi volere esageratamente esaminare ed indagare è segno di ottusità di mente. Per questo anche Tommaso viene rimproverato. Non credette infatti agli Apostoli che gli dicevano: « Abbiamo visto il Signore »; non tanto perché non li ritiene degni di fede, quanto perché considera impossibile la cosa, cioè la risurrezione dei morti. Non disse: « Non vi credo », ma: « Se non metterò la mia mano, non crederò ». Ma perché, mentre gli altri sono tutti riuniti, lui solo era assente? Probabilmente perché dopo la fuga generale di tutti i discepoli, egli non era ancora ritornato. Ma tu, vedendo che questo discepolo non crede, rifletti sulla clemenza del Signore, e come egli, a vantaggio di una sola anima, mostri le cicatrici delle ferite ricevute, e venga per la salvezza di uno solo, anche se questi mostra di avere una mente più ottusa di tutti gli altri. Perciò cercava la fede per mezzo del più grossolano di tutti i sensi, e non credeva neppure ai propri occhi.
Non disse soltanto: « Se non avrò visto », ma anche: « se non avrò toccato », nel timore che ciò che vedeva fosse soltanto un'illusione. Eppure i discepoli che gli annunciarono questi fatti erano degni di fede, e degno di fede era certo il Signore, che aveva promesso che sarebbe tornato. Tuttavia, poiché egli chiese maggiori prove, Cristo non gliele fece mancare.
1 Gv. 20, 24-25. __________________________________________________
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Perché Gesù non gli apparve subito, ma soltanto dopo otto giorni? Perché essendo già stato informato e preparato dai discepoli, si accrescesse il suo desiderio, e per rendere più salda la sua fede per l'avvenire. Ma da chi aveva saputo Tommaso che il costato era stato squarciato? Lo aveva sentito dire dai discepoli. Perché, dunque, credette loro in una cosa, e in un'altra non credette? Perché quest'altra notizia riguardava un evento straordinario e meraviglioso. Rifletti sulla veridicità dimostrata dagli Apostoli nei loro discorsi e come essi non nascondano i propri difetti, né quelli altrui ma, al contrario, parlino e scrivano con la massima sincerità. Gesù dunque appare di nuovo, e non aspetta di venire interrogato da quello, né di udire da lui qualche espressione di meraviglia; ma, mentre quello non diceva niente, lo previene e soddisfa il suo desiderio, facendogli capire che lui era lì presente, per soddisfare il desiderio che Tommaso aveva manifestato ai discepoli. Infatti si serve anche delle sue stesse parole, e severamente lo rimprovera per consolidare in avvenire la sua fede.
Dopo avergli detto: « Porgi qua il tuo dito; ecco, guarda le mie mani! Porgi qua la tua mano e mettila nel mio costato! », aggiunge subito: «E non essere incredulo, macredente »2. Non vedi dunque che Tommaso dubita perché è incredulo? Ma si comporta cosi prima di ricevere lo Spirito; in seguito ciò non accadde più, e tutti divennero perfetti. E non soltanto con queste parole lo rimproverò, ma anche con quelle che seguono. Dopo che si fu accertato sulla verità del fatto, si ravvide ed esclamò: « Il mio Signore e il mio Dio! ». Gesù gli rispose: « Perché mi hai visto, haicreduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto »3. In questo infatti consiste la fede, nell'ammettere la verità di quello che non si vede. « La fede — infatti — è sostanza di cose sperate, argomento di cose che non si vedono »4. Qui però Gesù non proclama beati soltanto i discepoli, ma anche quelli che avrebbero creduto in seguito. « Ma anche i discepoli — tu obietterai — hanno visto ed hanno creduto ».
Essi però non hanno preteso alcuna prova di quel genere: bastò loro vedere le bende e il sudario per credere nella risurrezione di Gesù e, prima ancora di vedere il suo corpo glorioso, ne furono pienamente convinti.
2 Gv. 20, 27. 3 Gv. 20, 28-29. 4 Ebr. 11, 1. __________________________________________________
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Quando dunque qualcuno dice: « Vorrei esser vissuto a quel tempo per vedere il Cristo compiere i miracoli », rifletti su queste parole: « Beati coloro che non hanno visto e hanno creduto ».
Dobbiamo a questo punto chiederci come mai un corpo incorruttibile conservava le cicatrici dei chiodi, e come potè essere toccato da una mano mortale. Non turbarti di fronte a queste cose: esse mostrano che il Cristo si abbassava al livello umile degli uomini. Il suo corpo era infatti tanto sottile, tanto leggero da poter entrare in una casa anche a porte chiuse, ed era immateriale; allo scopo di rendere credibile la sua risurrezione, si manifestò conservando le cicatrici della croce, ed ecco perché mangia con gli Apostoli. Gli Apostoli raccontarono in seguito molte volte questo episodio, nel corso della loro predicazione, dicendo: « Noi che con lui abbiamo mangiato e bevuto »5. Allorché, prima della crocifissione, lo abbiamo visto camminare sulleacque6, non abbiamo detto che il suo corpo era di un'altra natura, ma della nostra; cosi, vedendolo ora, dopo la risurrezione, portare i segni delle cicatrici, non diciamo che, per questa ragione, esso è corruttibile. Infatti ciò accadde proprio per soddisfare le richieste del discepolo.
Veramente Gesù fece molti altri prodigi7. Questo Evangelista, siccome aveva narrato miracoli in minor numero degli altri, sottolinea come neanche loro li avessero ricordati tutti, ma solo quelli necessari per condurre gli ascoltatori allo scopo che si erano proposti. Infatti, egli dice: « A scriverli uno ad uno, penso che neppure il mondo potrebbe contenere i libri che si scriverebbero »8.
2. - Donde risulta di non aver scritto queste cose per vanteria, ma avendo di mira il vantaggio dei suoi ascoltatori. Come possono aver scritto al solo scopo di vantarsene, coloro che hanno omesso di narrare molti prodigi? Perché allora non hanno narrato tutti i fatti? Soprattutto per il loro eccessivo numero; poi perché hanno anche pensato che chi non avrebbe creduto ai fatti da loro narrati, avrebbe continuato a non crederci anche se ne avessero narrati molti di più: mentre chi li aveva accettati come veri, non aveva bisogno di sapere altro per avere la fede.
5 Atti, 10, 41. 6 Cf. Mt. 14, 25. 7 Gv. 20, 30. 8 Gv. 21, 25. __________________________________________________
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Mi sembra però che l'Evangelista voglia qui alludere ai miracoli compiuti dopo la risurrezione: per questo precisa: « in presenza dei suoi discepoli ». Cioè, come prima della risurrezione erano necessari molti miracoli perché credessero che lui era il Figlio di Dio, cosi dopo la risurrezione ci volevano altri miracoli perché si convincessero che egli era risorto. Precisò poi: « in presenza dei suoi discepoli », perché, dopo la risurrezione, Gesù si era intrattenuto soltanto con loro. Perciò diceva: « Il mondo non mi vedrà più ». Poi, perché tu apprenda che questi miracoli furono compiuti soltanto nell'interesse dei discepoli, soggiunse: « Perché credendo abbiatela vita eterna nel suo nome »9, rivolgendosi al genere umano nel suo insieme e mostrando che non si tratta di un beneficio per colui nel quale si crede, ma soprattutto per noi stessi. « Nel suo nome » significa poi per mezzo suo. Egli infatti è la vita.
Dopo questi fatti si manifestò ai discepoli, sul Mare di Tiberiade10. Vedi che non si intrattiene con loro molte volte come faceva prima? Apparve infatti di sera e poi scomparve; ricomparve poi una volta dopo otto giorni, e di nuovo scomparve; successivamente si manifestò in riva al mare, ed ancora una volta essi vennero colti dal timore. Che vuol dire « si manifestò »? E' chiaro da questa parola che egli si fece vedere soltanto perché accondiscese alla loro debolezza, essendo ormai il suo corpo incorruttibile e immortale. Perché l'Evangelista citò il luogo in cui apparve? Per mostrare che Gesù era riuscito a vincere in gran parte la loro paura, tanto che ormai uscivano di casa e giravano dappertutto. Non se ne stavano più chiusi in casa, ma erano andati in Galilea, per sfuggire alle persecuzioni dei giudei. Simone dunque andò a pescare. Dato che Cristo non si tratteneva molte volte con loro, e lo Spirito non era stato loro ancora donato e neppure era stato affidato loro qualche compito, erano tornati al loro primitivo mestiere.
E stavano insieme Simone e Tommaso e Natanaele, quello che era stato chiamato da Filippo, e i figli di Zebedeo e altri due 11. Non avendo altro da fare, erano andati a pescare, e facevano questo di notte, perché avevano ancora paura.
9 Gv. 20, 31. 10 Gv. 21, 1. 11 Gv. 21, 2. __________________________________________________
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Anche Luca narra quest'episodio, però non accenna a questo, ma ad un altro motivo. Anche altri discepoli li seguivano perché si erano uniti in un unico gruppo e volevano assistere insieme alla pesca, godendo tranquillamente di qualche ora di riposo. Essi dunque si affaticavano e mentre erano cosi impegnati, si presentò Gesù, senza farsi subito riconoscere, perché voleva prima parlare con loro. Chiede dunque ad essi: « Avete un po' di companatico? »12.
Parla ancora in modo umano, come se volesse comprare qualcosa da loro. Siccome essi dicono di non aver niente, ordina di gettare la rete alla loro destra; e quando l'ebbero gettata, subito presero i pesci. Non appena lo riconobbero, i discepoli Pietro e Giovanni manifestarono ancora una volta, nel comportamento, il loro diverso carattere. Il primo era più fervoroso, l'altro di mente più elevata; quello più pronto, questo più perspicace. Perciò Giovanni riconobbe per primo Gesù, ma Pietro accorse da lui per primo: non erano trascurabili infatti i prodigi cui avevano assistito. Di quali prodigi si trattava? Il primo consisteva nel fatto di aver pescato moltissimi pesci; il secondo che la rete non si era strappata; il terzo che, prima di scendere a terra, trovarono un fuoco alimentato con della legna con sopra del pesce e del pane. Gesù non faceva tutto questo servendosi di materia preesistente, cosa che però qualche volta aveva fatto per i miracoli da lui compiuti prima della crocifissione.
Pietro, dunque, non appena lo ebbe riconosciuto, gettò via tutto, i pesci e le reti, e si cinse la veste attorno ai fianchi. Non vedi quanta riverenza aveva per il Signore e com'era grande il desiderio che lo spingeva verso di lui? Eppure era distante duecento cubiti; non aspettò tuttavia di giungere a riva in barca, ma si gettò a nuoto in mare per raggiungerlo. Che disse allora Gesù? « Venite, fate colazione ». Ma nessuno osavachiedergli: « Tu chi sei? » 13. Non avevano più la fiducia e la libertà nel parlargli che era loro abituale, e non gli si avvicinavano per interrogarlo: ma se ne stavano seduti in silenzio, con gran timore e rispetto, e guardavano tutti a lui.
Sapevano che era il Signore. Ecco perché non gli chiedevano: « Chi sei? », ma vedendolo con un aspetto diverso, che incuteva terrore, erano quanto mai turbati, e avrebbero voluto chiedergli qualcosa in proposito.
12 Gv. 21, 5. 13 Gv. 21, 12. __________________________________________________
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Ma, poiché erano intimoriti e d'altronde sapevano che egli era proprio il Signore e non un altro, si astennero dal porgli domande, limitandosi a mangiare il cibo che egli aveva creato con la sua potenza soprannaturale. In questa occasione egli non leva gli occhi al cielo, né compie alcunché di umano, dimostrando che in altre occasioni ha compiuto tali cose per abbassarsi al loro livello. E poiché Gesù non s'intratteneva più di frequente con i discepoli e non nella stessa maniera in cui era solito farlo prima, l'Evangelista precisò: E questa fu già la terza volta che Gesù si manifestò loro, dopoch'era risorto dai morti14. E ordinò loro di portargli del companatico, affinchè si convincessero che non era un fantasma. Ma l'Evangelista non dice che in questa occasione Gesù mangia con i discepoli. Luca invece in un altro scritto dice: « E mangiando con essi » 15. Ma in qual modo mangia non spetta a noi dirlo: sta di fatto che egli compì queste mirabili cose, non perché la sua natura avesse ancora bisogno di nutrimento, ma accondiscese a farle per dimostrare la realtà della sua risurrezione. 3. - Probabilmente, udendo queste cose, vi siete sentiti infiammati dal desiderio, e avete proclamato beati coloro che erano allora con lui, e coloro che si troveranno con lui nella futura universale risurrezione. Perciò facciamo di tutto per vedere il suo ammirabile volto. Se, ascoltando queste cose, tanto ci infiammiamo e desideriamo di essere vissuti in quei giorni nei quali egli si mostrava in terra, desideriamo di avere udito la sua voce, di aver visto il suo volto, di averlo avvicinato, di averlo toccato, di averlo servito, pensa un po' che cosa sarà mai vederlo, non più rivestito di un corpo mortale, e mentre non compie niente di umano, ma sta circondato dagli angeli, in un corpo immortale, e godere di quella felicità che non si può esprimere a parole. Perciò, ve ne scongiuro, facciamo di tutto pur di non perdere questa gloria. Niente è difficile, se vogliamo farlo, niente è gravoso, se resteremo fermi nel nostro proposito. Infatti « se sosterremo » con lui, con lui « regneremo »16. Che vuoi dire « se sosterremo »? Se sopporteremo le disgrazie e le persecuzioni e se percorreremo fino in fondo la via stretta.
14 Gv. 21, 14. 15 Atti, 1, 4. 16 2 Tim. 2, 12. __________________________________________________
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Per sua natura questa via è angusta e faticosa, ma con uno sforzo della volontà diventa più accessibile, nella speranza della futura felicità. Infatti « quella che presentemente è una momentanea e leggera tribolazione, procura a noi una gloria immensa in cielo, se noi mireremo non alle cose visibili, ma a quelle che non si vedono »17.
Rivolgiamo dunque gli occhi al cielo, e meditiamo continuamente sulle cose che stanno lassù. Se le terremo sempre presenti, le delizie di questa vita terrena non ci sedurranno più, e non saremo più insofferenti nelle circostanze tristi di questa vita; ma rideremo di queste cose e niente potrà ridurci in servitù, né farci inorgoglire, se ora e sempre tenderemo lassù col nostro desiderio, se avremo di mira un simile amore. Ma che dico, che non soffriremo più per i mali della vita presente? Non ci accorgeremo neppure di essi. Tale è infatti l'amore. Con la nostra immaginazione noi ci vediamo sempre accanto coloro che amiamo, anche se sono lontani: irresistibile è la forza dell'amore, che ci distacca da ogni altra cosa ed unisce l'anima all'amato bene. Se così ameremo Cristo, tutte le cose terrene altro non ci sembreranno che ombre, fantasmi, sogni. Diremo anche noi allora: « Chi mai ci separerà dalla carità di Cristo? forse la tribolazione o le avversità? »18. Non disse: « il denaro, la ricchezza, la bellezza (cose, queste, quanto mai meschine e ridicole) », ma parlò delle cose che sembrano le più gravi: la fame, le persecuzioni, la morte. Eppure egli disprezzò anche queste come se non fossero niente: noi invece, a causa del denaro, ci separiamo dalla nostra vita e dalla nostra luce. Paolo al contrario non anteponeva all'amore per il Cristo né la morte, né la vita, né le cose presenti, né quelle future, e neppure nessun'altra creatura; noi invece, non appena vediamo un po' d'oro, subito siamo presi dal desiderio di averlo, e calpestiamo le leggi del Cristo. Se poi queste cose ci sembrano insopportabili a dirsi, molto di più dovrebbero esserlo a farsi. Invece, ciò che è più grave, noi ci mostriamo inorriditi a sentir dire queste cose, ma non proviamo orrore nel farle e con grande facilità giuriamo, spergiuriamo, rubiamo, pretendiamo interessi da usurai, trascuriamo la continenza, ci stanchiamo di pregare con fervore, trasgrediamo la maggior parte dei comandamenti, e a causa del denaro non ci curiamo di soccorrere nessuno di coloro che sono nostre membra.
17 2 Cor. 4, 17-18. 18 Rom. 8, 35. __________________________________________________
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Chi ama il denaro procura mille mali al suo prossimo e anche a se stesso: si adirerà facilmente, insulterà gli altri, li chiamerà « sciocchi », giurerà, spergiurerà, tanto da trasgredire anche i precetti dell'antica legge: infatti chi ama l'oro, non amerà il suo prossimo. Eppure per entrare nel regno dei cieli ci è stata posta la condizione di amare il nostro nemico. Se, osservando soltanto gli antichi comandamenti, non potremo entrare nel regno dei cieli, poiché in tal caso la nostra giustizia non sarà maggiore di quella dei giudei19, se noi trasgrediamo anche quelli, come ci potremo giustificare? Chi ama infatti il denaro, non solo non amerà il suo nemico, ma tratterà come nemici anche i suoi amici.
4. - Ma che dico, gli amici? Chi ama il denaro, disconosce spesso anche la sua stessa natura. Egli disconosce la parentela, non si ricorda della comunanza di vita con chicchessia, non rispetta l'età, non ha nessun amico, ma si comporta verso tutti con animo da nemico: ma soprattutto si comporterà così verso se stesso, e non soltanto perché porterà alla perdizione la propria anima, ma perché si tortura con innumerevoli preoccupazioni, fatiche, dolori. Affronterà infatti viaggi, pericoli, agguati e qualunque altro rischio, pur di portare sempre con sé la radice di ogni male, e poter contare somme di denaro sempre più grandi. Quale vizio è più grave di questo? Egli si priva infatti anche del cibo e di quei piaceri per i quali gli uomini sono soliti peccare, cosi come si priva della gloria e degli onori. Chi ama il denaro considera sospetti innumerevoli uomini, ed ha molti che lo accusano, lo invidiano, lo calunniano, gli tendono agguati. Coloro che sono stati da lui ingiustamente danneggiati, lo odiano perché hanno ricevuto del male; coloro che non sono stati ancora danneggiati, temono di esserlo e, spinti anche da compassione verso i danneggiati, cercano di osteggiarlo in tutti i modi; i ricchi poi ed i potenti, nauseati ed indignati per il fatto che costoro sono di condizione inferiore alla loro, ed anche per invidia nei loro confronti, si comportano come loro avversari e nemici.
Ma perché parlo degli uomini? Chi ha Dio nemico, quale speranza potrà mai avere? quale consolazione? quale ristoro? Chi ama il denaro, non potrà mai servirsene: ne sarà il servo e il custode, mai il padrone.
19 Cf. Mt. 5, 20. __________________________________________________
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Siccome si sforza di accrescerlo sempre di più, non vuole mai spenderlo, ma rinuncerà anche alle spese per se stesso, e sarà perciò più povero di tutti i poveri, perché non riesce a porre un freno alla sua avidità. Eppure lo scopo del denaro non deve essere quello di venire da noi tesaurizzato, ma utilizzato per i nostri bisogni. E se vogliamo nasconderlo sotto terra per non farne godere gli altri, chi sarà più miserabile di noi che corriamo a destra e a sinistra per procurarcelo, e poi lo sotterriamo per sottrarlo alla comune utilità? C'è infatti anche un altro vizio non meno grave di questo. Mentre alcuni lo nascondono sotto terra, altri lo sprecano per riempirsi il ventre, per procurarsi piaceri illeciti, per ubriacarsi, e così si tirano addosso, oltre al castigo da loro meritato per le ingiustizie commesse, anche quello per la loro lussuria e intemperanza. Alcuni provano soddisfazione nello sperperare il loro denaro per mantenere parassiti e adulatori, altri in spettacoli e in donne pubbliche, altri ancora in altre spese come queste, avendo imboccato innumerevoli vie che conducono all'inferno, dopo aver abbandonato l'unica via giusta stabilita per condurci al cielo. Eppure qhi si mette in cammino per questa via, non solo ne ritrae maggior profitto, ma si procura anche maggiori gioie di quelle che riescono a procurarsi costoro. Chi spreca il suo denaro con le prostitute, sarà da tutti ritenuto ridicolo e infamato, affronterà molte liti ed otterrà solo fugaci piaceri, anzi neppure fugaci perché, per quanto siano grandi le somme che spreca con le sgualdrine, non avrà da esse alcuna riconoscenza. « Botte senza fondo è la casa altrui »20. D'altra parte quel genere di donne sono petulanti, ed all'inferno ha paragonato Salomone il loro amore; esse si fermano solo quando vedono i loro amanti spogliati di tutto; anzi neppure allora si fermano, ma continuano a imbellettarsi e ad ingioiellarsi, insultano gli amanti ridotti in miseria, li mostrano in giro perché siano derisi, e fanno loro tanto male da non potersi neanche descrivere.
Non queste sono le gioie di coloro che raggiungono la salvezza eterna; nessuno di costoro ha rivali, ma tutti godono ed esultano, tanto quelli che sono felici, quanto quelli che li osservano. Non l'ira, non la tristezza, non la vergogna e l'insulto tocca l'anima di essi; grande invece è la gioia che deriva dalla coscienza pura, molta la speranza nella futura felicità, grande la gloria e grande lo splendore, e ancor più grande è la benevolenza di Dio e la sicurezza; nessun abisso, nessun sospetto reciproco li minaccia, perché vivono in un tranquillissimo porto, in un'atmosfera di perfetta serenità.
Riflettendo su tutto questo, e paragonando gioia con gioia, scegliamo finalmente quella migliore, se vogliamo conseguire i beni futuri, per la grazia e la bontà del nostro Signore Gesù Cristo, cui sia gloria e regno nei secoli dei secoli. Cosi sia.
20 Prov. 23, 27. __________________________________________________
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