di FABRIZIO BISCONTI In un rapido passaggio del Liber Pontificalis, relativo al tempo di Papa Silvestro, in riferimento alle importanti donazioni di Costantino al battistero lateranense, si elencano le preziose e pesanti statue che decoravano la vasca battesimale, ovvero un agnello d'oro che effondeva acqua, che pesava 30 libbre; il Salvatore in finissimo argento del peso di ben 70 libbre; il Battista, pure in argento, che spiegava un rotolo ove era scritto Ecce agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi, di ben 125 libbre; sette cervi argentei, che effondevano acqua, ognuno dei quali pesava 80 libbre (Liber Pontificalis, I, 174).
È vero che il passo in questione e la successiva dettagliata lista dei redditi e donazioni finanziarie, in aggiunta a quelle già cospicue della basilica costantiniana, soffrono per molte difficoltà di giudizio, che insorgono non appena si tenti di calare temi e interventi decorativi nel clima culturale del tempo, ma è anche vero che le immagini selezionate per la preziosa suppellettile del battistero lateranense rievocano, come in una rassegna emblematica, tutti quegli elementi che compongono la materia iconografica a tema battesimale e rigenerativo.
La scena del battesimo del Cristo rappresenta il fulcro di tutto il progetto decorativo. Tale rappresentazione, insieme al battesimo del neofita, appare molto precocemente nello scenario iconografico paleocristiano, inserendosi nei programmi figurativi dei più antichi monumenti pittorici e plastici romani, in un arco cronologico che si muove dal traguardo del II secolo sino alla metà del seguente. Dopo la scena originale e libera da ogni codice e da ogni schema delle cripte di Lucina, dove il Battista sembra aiutare il Cristo a uscire dalle acque del Giordano, il tema torna, di lì a pochi anni, nei cunicoli dei sacramenti in San Callisto e nel sarcofago di Santa Maria Antiqua, denunciando il precoce assestamento della rappresentazione, dove il Precursore, secondo una tendenza diffusa nella tarda antichità, assume proporzioni maggiorate rispetto al Cristo, per indicare la dinamica semantica dell'azione.
È, poi, significativo osservare come il Battesimo del Cristo compaia, nel più antico vocabolario figurativo, solo ed esclusivamente in contesti propriamente funerari, accusando un'immediata interazione tra l'argomento della morte e quello contiguo della rinascita, una vicinanza sottolineata a più riprese e sin dalla prima ora quando le scene del battesimo e le immagini del pescatore partecipano del medesimo contesto, riunite da un filo rosso che prima le cala nel medesimo habitat acquatico e poi le allaccia alle altre scene battesimali: dal colloquio con la samaritana al prodigio mosaico della fonte nel deserto.
Ma il tema battesimale, dopo questo precoce exploit dovuto presumibilmente anche all'accendersi delle prime animose dispute cristologiche e trinitarie, sembra eclissarsi per riapparire in epoca costantiniana proprio nel battistero lateranense, dove si ricopre interamente la vasca in argento, forse per emulare l'effetto dell'acqua corrente: ex omni parte coopertum intrinsecus et foris et desuper et quantum aquam continet ex argento purissimo (Liber Pontificalis, I, 174).
Da quel momento il tema denuncia una scarsa fortuna e anzi, durante tutto il IV secolo, si riscontrano alcune rare, codificate e monotone rappresentazioni soltanto nelle carrellate dei fregi continui dei sarcofagi marmorei di produzione romana. Dobbiamo attendere gli esordi del V secolo e trasferirci a Ravenna per venire a contatto con due rappresentazioni musive poste nei tondi centrali del battistero degli ortodossi e di quello degli ariani.
Qui l'argomento del Battesimo del Cristo si tematizza e recupera lo schema dei primi secoli per collocarsi al centro dei programmi decorativi. Nell'uno e nell'altro caso, si opta per lo schema ternario, costituito dal Giordano personificato, dal Cristo immerso nel fiume e dal Battista, disponendo le tre immagini lungo una linea orizzontale, che si interseca ortogonalmente con la verticale rappresentata dalla colomba dello Spirito, sistemata sul capo del Cristo. Nelle due solenni rappresentazioni, sottolineate dall'aulica e classica presenza del Giordano, che nel Battistero degli ortodossi tributa gli onori regali con le mani velate, secondo il cerimoniale di corte, e in quello degli ariani sottolinea il gesto battesimale; nelle due scene - dicevamo - si avverte una potente presenza trinitaria, quasi una traduzione figurata dell'agostiniano baptismus trinitatis e dell'ambrosiana praesentia trinitatis.
Ma la manifestazione teofanica di tipo trinitario si associa qui al vecchio significato salvifico, che la scena non abbandona mai, neanche in queste redazioni mature e, anzi, suggerita e potenziata dall'adorazione apostolica, l'immagine ricostruisce anche la dinamica storica del battesimo del Cristo, attribuendo al Giordano i caratteri e i simboli del fiume reale e ai rapporti gestuali e figurativi quelle peculiarità, che rievocano il momento saliente del rito, così come veniva praticato all'epoca.
Nel momento bizantino e altomedioevale il tema si arricchisce attraverso la raffigurazione dell'angelo che reca solennemente un panno per asciugare il Salvatore e, talora, dei ceri, che alludevano al concetto della illuminazione, tanto che gli apostoli che assistono all'evento epocale possono essere intesi come il firmamentum ecclesiae, secondo un'antica intuizione di Ireneo di Lione (Adversus Haereses, III, 17, 3). Qui gli apostoli assurgono a formidabili testimoni del trionfo sulla morte, a irrinunciabili mediatori della teofania zenitale del battesimo del Cristo.