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Ultimo Aggiornamento: 20/07/2007 12:42
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Città: GUBBIO
Età: 53
Sesso: Femminile
13/07/2007 18:15

Nella chiesa della Misericordia da 15 anni la messa è come nel 500: anche per tanti giovani

E Torino prega col rito antico "Così ci si sente più vicini a Dio"

PAOLO GRISERI

TORINO - Un cerchietto sui capelli biondi, una coda di cavallo, un velo. Pochi, pochissimi capelli bianchi. Sono un centinaio le persone rivolte all´altare. Davanti a tutte, la stola verde del sacerdote che officia guardando il tabernacolo. Quello della messa «secondo il messale di S. Pio V» è un rito di schiene che voltano le spalle al mondo, unicamente orientate verso dio. Un rito che pareva desueto, sostituito nei tg dalle centinaia di spalle orientate verso la Mecca nella preghiera del venerdì. Un rito che torna oggi d´attualità, con il fascino delle madeleinette proustiane. La signora con il vestito azzurro entra trafelata e confessa all´amica: «Vedi com´è bello? Mi ricorda quand´ero bambina».
C´è il carisma del mistero nei canti gregoriani che accompagnano l´organo a canne e nella cantilena salmodiata del «Kyrie eleison». Un fascino del tempo che fu, da Italia degli anni ´60, quella che ritorna in questi giorni negli spot per il lancio della 500. C´è un popolo «alla ricerca di quel che non è cambiato», come dice Beppe, un ragazzo di 25 anni che da sei ha scoperto il tesoro nascosto nella piccola chiesa del centro torinese. La chiesa della Misericordia, dove, nell´800, il beato Cafasso consolava i condannati a morte prima di accompagnarli verso la forca. Si ritrova qui, da 15 anni, il popolo della messa in latino. Non un gruppo di scismatici lefebriani: una piccola folla di cattolici fedeli all´ortodossia, autorizzati dall´arcivescovo. Soprattutto un popolo di giovani: «Ho scoperto il fascino del rito latino quasi per caso», racconta Giovanni, di mestiere elettricista. «Fino all´età di 28 anni ho sempre frequentato la messa in italiano. Quando un amico mi ha portato qui, non ho più smesso». Qual è la differenza? Un puro piacere estetico? «All´inizio c´è sicuramente il fascino di un rito antico. Poi ti fai prendere da una forza straordinaria che ti avvicina di più a dio».
Tra i banchi della Misericordia, tra le donne che seguono il rito sul messale con le pagine dai bordi dorati, il motu proprio di Benedetto XVI è il riconoscimento alle vergini sagge del Vangelo, quelle che seppero tenere acceso il lume anche durante gli anni bui. Per Calogero Cammarata, ex impiegato statale e baby pensionato, è il coronamento di una missione. Lui con l´associazione Inter multiplices, una vox ha lavorato sodo per tenere accesa la fiammella: «L´ho deciso un giorno, uscendo disgustato da una messa in cui i tamburi accompagnavano i canti dietro l´altare». Ora si gode il successo e contrattacca: «Traducendo il testo latino si sono persi contenuti importanti del rito di San Pio V». Pio V, il papa odiato dal popolo di Roma per le persecuzioni sanguinarie degli eretici. Un giovane pastore di pecore ad Alessandria che succede a Pietro, batte i turchi a Lepanto e approva il messale tridentino che rimarrà praticamente intatto per quattro secoli.
Colpisce la voglia di continuità del popolo del latino. Stupisce anche don Sebastiano Galletto, il sacerdote che oggi officia tra i turiboli fumanti d´incenso bisbigliando sottovoce il rito della consacrazione: «Io sono solo un sostituto e personalmente preferisco il rito in italiano. Ma c´è in questi fedeli la ricerca di una spiritualità particolare, la spiritualità delle radici». Le radici, la ricerca di ciò che non muta nei millenni. Proprio come recita il Gloria, cantato con convinzione tra i banchi della chiesa torinese: «Sicut erat in principio, et nunc et semper in saecula saeculorum. Amen».

© Copyright Repubblica, 9 luglio 2007



Maria auxilium cristianorum, ora pro nobis

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