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DE CIVITATE DEI (approfondimenti)

Ultimo Aggiornamento: 25/08/2012 21:49
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25/08/2012 17:25
 
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3. De civitate Dei, libro 3, 17, 1

Il terzo brano è tratto dal libro terzo. Agostino accenna al fatto che molto prima delle guerre puniche la corruzione aveva dominato Roma e il potere di Roma. Per descrivere questa corruzione usa le parole dello storico romano Sallustio. La corruzione, una volta diminuita la paura, quella paura che può consigliare ai cittadini della città terrena la pratica di virtù, dilaga quando i patrizi servili imperio hanno sottomesso il popolo, con un potere che lo ha reso schiavo.

Proinde victoriae illae non solida beatorum gaudia fuerunt, / Così le vittorie di Roma non furono gioie vere e durature per gente felice / sed inania solacia miserorum / ma vuote consolazioni per la povera gente / et ad alia atque alia sterilia mala subeunda illecebrosa incitamenta minime quietorum. / e per coloro che sono sempre in agitazione [per gli impegnati, per i militanti, per coloro che sono in servizio permanente] spunto e occasione per altre sterili guerre. [Credo che i romani che mi ascoltano dire queste cose non si irriteranno con me, perché queste nostre affermazioni sul potere di Roma le fanno anche i loro autori in forme e contenuti ancora più duri]. / […] Porro si illi scriptores historiae ad honestam libertatem pertinere arbitrati sunt mala civitatis propriae non tacere, / Se questi storici romani hanno creduto che fosse diritto di una libertà onesta non tacere dei mali della loro città / quam multis locis magno praeconio laudare compulsi sunt, / e questi stessi storici in molte occasioni sono stati portati a idealizzarla riempiendola di lodi / cum aliam veriorem, quo cives aterni legendi sunt, non haberent: / perché, non essendo stati eletti in un’altra città, più bella, più reale, in cui abitare per sempre, quello era l’unico orizzonte della loro vita: / quid nos facere convenit, quorum spes quanto in Deo melior et certior, tanto maior debet esse libertas, / che cosa possiamo fare noi? Tanto più grande può essere la nostra libertà quanto più la nostra speranza è più reale e più certa in Dio,

Anche qui Agostino non ha rancore, anzi è pieno di rispetto, ironia, pietas. Quelli che idealizzano per esempio la democrazia degli Stati Uniti o i diritti umani come l’ideale più alto, sono quasi obbligati, quasi senza accorgersene, a tale idealizzazione, come in buona coscienza. Non avendo l’esperienza umana di un’altra città molto più bella e molto più reale, sono come obbligati, per mancanza di quest’altra esperienza, a tale idealizzazione. Quanto più invece per i cittadini della città di Dio l’esperienza di stupore è reale, tanto più essi possono essere liberi nel riconoscere la violenza e la corruzione di ogni potere.

cum mala praesentia Christo nostro imputant, / in particolare quando gli attuali mali della società sono attribuiti a Cristo / ut infirmiores imperitioresque mentes / così che le persone più deboli, le persone che hanno meno capacità di intelligenza della realtà / alienentur ab ea civitate, / possono essere strappate da quella città / in qua sola iugiter feliciterque vivendum est […]. / nella quale soltanto si vive felici e per sempre.

Qui Agostino usa esplicitamente il criterio cui si accennava prima. Si può lodare benissimo la democrazia, i diritti umani, persino l’89, basta che non vi si attribuisca empiamente dimensione religiosa, salvifica. Così la democrazia può essere giudicata lo strumento migliore di convivenza, basta non attribuire empiamente a tale strumento il potere di rendere felici.


Il 23 agosto ’91, durante una riunione straordinaria del Parlamento della Federazione russa, Gorbaciov riceve da Eltsin una nota riguardante 
la posizione assunta da ciascun ministro nel corso del colpo di Stato dei giorni precedenti

Il 23 agosto ’91, durante una riunione straordinaria del Parlamento della Federazione russa, Gorbaciov riceve da Eltsin una nota riguardante la posizione assunta da ciascun ministro nel corso del colpo di Stato dei giorni precedenti

4. De civitate Dei, libro 3, 14
Inizio della storia di Roma.
Guerra di Roma contro Alba.

Quid mihi obtenditur nomen laudis nomenque victoriae? / Ma perché chiamare in causa l’onore e la vittoria? / Remotis obstaculis insanae opinionis / Tolti gli ostacoli [che impediscono di osservare la realtà] di una mentalità [opinione pubblica, quello che tutti pensano] che non è realistica / facinora nuda cernantur, / si guardino i delitti nella loro nudità per quello che sono, / nuda pensentur, / si riconoscano le cose così come sono in realtà, / nuda iudicentur. / si giudichino le cose così come sono in realtà. / […] Libido ista dominandi magnis malis agitat et conterit humanum genus. / Questa volontà di potere agita con grandi mali e distrugge il genere umano. / Hac libidine Roma tunc victa Albam se vicisse triumphabat / Roma soggiogata da questa libidine era orgogliosa di aver vinto Alba / et sui sceleris laudem gloriam nominabat, / e dava il nome di gloria all’esaltazione dei suoi delitti / quoniam laudatur, inquit Scriptura nostra, peccator in desideriis animae suae / poiché, come dice la nostra Scrittura, il peccatore si loda nei desideri della propria anima / et qui iniqua gerit benedicitur. / e colui che compie cose inique viene elogiato. / Fallacia igitur tegmina et deceptoriae dealbationes auferantur a rebus, / Si tolgano dalle cose i veli ingannatori e le idealizzazioni menzognere, / ut sincero inspiciantur examine […]. / e le si guardino con sguardo realistico.
Bisogna guardare le cose così come sono, senza coperture che non reggono e idealizzazioni che tentano di ingannare. Per esempio è di fatto impossibile che si faccia una guerra per motivo ideale, umanitario.


5. De civitate Dei, libro 15, 5
Primus itaque fuit terrenae civitatis conditor fratricida […] / Così colui che per primo fondò la città terrena fu anche fratricida

Per invidia Caino ha ucciso Abele. Agostino aggiunge che non ci si deve meravigliare se quella città che della città terrena è in qualche modo l’ideale buono, cioè Roma, inizia la sua storia con un fratricidio: Romolo uccide Remo. Agostino cita il poeta Lucano: Fraterno primi maduerunt sanguine muri (Le nostre prime mura grondarono di sangue fraterno). Riguardo all’omicidio di Remo da parte di Romolo, Agostino afferma che tutti e due, cercando la gloria umana, comprendevano benissimo che la gloria che uno possedeva la toglieva all’altro. Il potere che uno possiede lo toglie all’altro e quindi la lotta per il potere è di fatto inevitabile.

[…] Ut ergo totam dominationem haberet unus, / Perché uno solo potesse avere tutto il potere, / ablatus est socius, et scelere crevit in peius, / fu eliminato il compagno e con questo delitto il potere aumentò ma in peggio, / quod innocentia minus esset et melius. / mentre se non l’avesse ucciso sarebbe stato un potere minore ma più buono. / Hi autem fratres Cain et Abel non habebant ambo inter se similem rerum terrenarum cupiditatem, / Invece i fratelli Caino e Abele non avevano tutti e due lo stesso desiderio di gloria terrena / […] (Abel quippe non quaerebat dominationem in ea civitate, quae condebatur a fratre), / (Abele non cercava il potere in quella città che veniva fondata dal fratello),

La città di Dio non ha il problema del potere nella città del mondo perché gode di una gioia che è molto più reale, più grande, più vera cioè corrispondente al cuore. In quanto fa esperienza di questo godimento, non ha il problema di cercare quel potere.

sed invidentia illa diabolica, qua invident bonis mali […]. / eppure [Caino uccise Abele] per quell’invidia diabolica per cui i cattivi invidiano i buoni.

Perché li invidiano? Perché sono buoni. Prediletti. Non perché tolgono a essi il potere. Li invidiano, perché essendo prediletti sono buoni. Concludendo il brano, Agostino accenna che, a differenza del potere di questo mondo, la bontà, la predilezione della grazia più è condivisa da altri e più diventa grande nel singolo. È un brano bellissimo sulla comunione della grazia, che più è testimoniata da altri più diventa grande in chi semplicemente se ne accorge. A differenza del potere di questo mondo, la bontà frutto della grazia più è testimoniata da altri e più rende contento chi stupito magari sulla soglia, da lontano, direbbe Péguy, la guarda.


[SM=g1740758]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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